L’ultima riforma organica del diritto di famiglia realizzata in Italia risale al 1975 all’esito di un percorso cominciato in Parlamento molti anni prima. Da allora la realtà familiare è profondamente mutata, ma non altrettanto ha fatto la legislazione. Oggi si sono affermati più modelli familiari che richiedono di norme di tutela e di riconoscimento e non consentono più di parlare di famiglia al singolare. Le persone che fanno parte delle nuove famiglie hanno necessità di poter realizzare al meglio il proprio progetto di vita e vogliono poter contribuire allo sviluppo di una società più giusta, solidale e coesa. La presente proposta di legge, pertanto, interviene in materia di diritto di famiglia introducendo istituti che regolamentano le nuove famiglie che non hanno nel matrimonio il proprio fondamento. Il numero di coppie che scelgono di costruire una famiglia rinunciando ad accedere al matrimonio o che ad esso non possono accedere è in costante aumento da decenni, al punto che le famiglie cosiddette di fatto sono una realtà sociale importante e consolidata e per nulla marginale. La scelta di non sposarsi può essere definitiva o temporanea, ma in ogni caso queste coppie costituiscono nuclei familiari a tutti gli effetti, all’interno dei quali molto spesso vi sono anche i figli. Tra queste famiglie vi sono anche quelle formate da persone dello stesso sesso alle quali oggi è del tutto precluso l’accesso al matrimonio. Il fatto che le coppie formate da persone lesbiche o gay non possano scegliere se unirsi in matrimonio determina una situazione del tutto peculiare nella quale un nucleo familiare viene costretto a rimanere di fatto, con violazione dei diritti fondamentali della persona ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione. Anche all’interno delle famiglie omosessuali molto spesso sono presenti dei figli frutto di una scelta di maternità o paternità interna alla coppia o nati da precedenti relazioni eterosessuali da un genitore che ha preso tardivamente consapevolezza della sua omosessualità.La realtà familiare è chiaramente variegata, ma mancano del tutto nella legislazione italiana regole che riconoscano diritti, tutele, prerogative e doveri a chi compone le nuove famiglie. Peraltro il nostro paese è uno dei pochissimi all’interno dell’Unione europea e dei paesi occidentali a non aver aggiornato la sua legislazione al mutato quadro della realtà familiare. La situazione attuale è evidentemente sintomatica di una scelta ideologica e conservatrice che ha ingabbiato il diritto civile all’interno di un sistema di valori e riferimenti che nella società sono mutati pur senza dissolversi, dal momento che le nuove famiglie costituiscono un sistema di relazioni, affetti e solidarietà che danno nuova e rinnovata linfa all’organizzazione sociale e allo Stato che riconoscono nelle famiglie un fondamento cellulare della società.Gli altri paesi che hanno una tradizione civile e giuridica comune all’Italia hanno dato pieno riconoscimento legislativo alle nuove famiglie, attraverso disposizioni normative e la creazione di istituti che hanno nomi e contenuti in parte differenti tra loro, ma che sono raggruppabili per caratteristiche comuni.Ad un primo livello vi è la regolamentazione delle famiglie di fatto. Non si tratta mai di una disciplina organica, ma di un nucleo minimo di disposizioni che garantiscono una serie di prerogative in occasione di vicende della vita spesso imprevedibili, come ad esempio problemi di salute che comportano l’impossibilità momentanea o definitiva di intendere e di volere e richiedono che vengano rimesse al partner scelte non derogabili, oppure che tutelano il partner debole della coppia in occasione di una eventuale crisi familiare.Ad un secondo livello vi è la creazione di un istituto a cui la coppia può accedere attraverso la sottoscrizione di un contratto con il quale si riconoscono diritti, doveri e prerogative di natura personale oltre che patrimoniale, e che si differenzia dal matrimonio in termini quantitativi e in relazione alle modalità di rottura del rapporto.Ad un terzo livello troviamo il matrimonio, al quale in alcuni casi possono accedere anche le coppie omosessuali. Il numero di paesi che hanno aperto il matrimonio alle famiglie omosessuali sono in numero crescente, ma ve ne sono alcuni che hanno scelto di creare un istituto riservato alle famiglie omosessuali, coincidente in tutto o in gran parte con il matrimonio dal quale però differisce nel nome. I due paesi che hanno scelto questa soluzione sono la Germania, dove la Eingetrage Lebenspartnerschaft presenta delle differenze rispetto al matrimonio, e il Regno Unito, dove la Civil Partnership è sovrapponibile al matrimonio.In alcuni paesi vengono regolamentate a parte altre realtà di tipo non familiare che si concretizzano in una convivenza a fini solidaristici. Ad esempio in Belgio esistono i cosiddetti contratti di coabitazione, che favoriscono la scelta di due o più persone di coabitare per offrirsi reciproca assistenza o compagnia o per condividere le spese di conduzione della casa, attraverso l’attribuzione alla convivenza di vantaggi fiscali, risparmi sulle utenze o benefici di altra natura. Tali contratti di grande utilità sociale, non hanno a che fare con il fenomeno familiare ed è opportuno rimarcarne la differenza dagli istituti giuridici che regolano le famiglie. Alla base della scelta di costituire una famiglia, infatti, vi è un progetto di vita comune non legato a situazioni contingenti o stati di necessità, che spesso -anche se non necessariamente- include anche la scelta di diventare genitori. La coabitazione cui possono dare vita due o più studenti o persone anziane rappresenta quindi una realtà sostanzialmente diversa.La presente proposta di legge muovendosi nella stessa scia dei paesi sopra citati di pari tradizione civile e giuridica dell’Italia, introduce una legislazione che valorizza tutte le famiglia, eterosessuali e omosessuali, di cui riconosce il valore e la rilevanza sociale.Innanzitutto vengono introdotte disposizioni minime che attribuiscono garanzie e diritti alla coppie di fatto che intendono rimanere tali. È importante, come ha ricordato più volte la Corte costituzionale, rispettare la libertà di chi sceglie di non accedere ad alcun istituto giuridico tra quelli approntanti dall’ordinamento, evitando così che lo Stato si ingerisca in una scelta personale ben oltre quanto impongano di fare doveri di solidarietà sociale. Alle coppie di fatto sono riconosciute garanzie e diritti con particolare riferimento alle situazioni di bisogno. Le disposizioni di questa legge, che non costituiscono una disciplina sistematica, vanno ad aggiungersi a quelle già esistenti, come ad esempio in materia di nomina di amministratore di sostegno dove il legislatore ha previsto che il giudice in assenza di una scelta del beneficiario nomini amministratore il coniuge o il convivente more uxorio, prima di tutti gli altri parenti.Viene altresì introdotto il Patto Civile di Solidarietà che consente a due persone, anche dello stesso sesso, di stipulare un accordo allo scopo di regolare i rapporti personali e patrimoniali relativi alla loro vita in comune. Si tratta di uno strumento contrattuale che offre ampia libertà e autonomia di organizzazione alle parti che lo contraggono, pur richiedendo loro il rispetto del dovere di collaborare alla vita di coppia, in ragione delle proprie capacità e possibilità. Le parti del patto civile di solidarietà sono equiparate ai coniugi in materia di successioni, di diritto al lavoro e di disciplina fiscale e previdenza. Viene anche riconosciuta la possibilità per una delle parti di adottare i figli dell’altra in assenza di riconoscimento da parte dell’altro genitore naturale.Infine questa legge introduce l’Unione civile, che è un istituto con il medesimo contenuto di diritti, doveri e prerogative del matrimonio, al quale possono accedere solo le coppie formate da persone dello stesso sesso. Occorre premettere che in recenti sentenze la Corte costituzionale (sent. n. 138 del 2010) e la Corte di cassazione (sent. n. 4184 del 2012) hanno finalmente riconosciuto attraverso l’interpretazione del diritto vigente che le persone lesbiche e gay hanno un diritto fondamentale ad essere tutelate quando decidono di formare una famiglia. Secondo i giudici il matrimonio sarebbe possibile anche tra due donne e tra due uomini e il Parlamento ha ogni potere di aprirlo alle coppie dello stesso sesso.L’interpretazione che i supremi giudici italiani hanno dato della Costituzione e dei principi che sovraintendono al nostro ordinamento rispecchia perfettamente quanto previsto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (cosiddetta Carta di Nizza), la quale vieta la discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale della persona e consente i matrimoni tra persone dello stesso sesso e il mutato orientamento della Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale nell’interpretare la Convenzione, ha da ultimo riconosciuto che la vita delle coppie omosessuali costituisce vita familiare e che anche esse possono accedere al matrimonio (sentenza Schalk and Kopf contro Austria del 2010).Pur nella convinzione che l’apertura del matrimonio alle coppie omosessuali è l’unico traguardo di uguaglianza e pari dignità per le famiglie omosessuali, essendo il matrimonio un diritto fondamentale, questa proposta di legge introduce il già citato istituto dell’Unione civile.La scelta di creare un istituto riservato alle coppie dello stesso sesso con lo stesso contenuto del matrimonio, anziché aprire l’accesso al matrimonio, ha l’obiettivo di superare l’attuale situazione nella quale la dignità sociale è negata o contrastata e di consentire che nel Paese e nella classe politica si determini un cambiamento culturale che al momento non è perfettamente compiuto.
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