Bisogna rimotivare psicologicamente
imprenditori/lavoratori in crisi, ed aiutarli a riqualificarsi e a
ricollocarsi nel mercato del lavoro.
Azioni
queste che, vanno concertate con gli
enti presenti sul territorio: Provincia (attraverso i vari centri per
l’impiego e i centri di formazione professionale), ASL (attraverso
servizi di psichiatria e psicoterapia), medici di base e servizi
sociali.
Questo il messaggio da far passare: la vita di una persona
non è finita con la fine della propria azienda o con la perdita del
lavoro.
Il
valore aggiunto della PERSONA e non dell’azienda in quanto insieme
costituito da capannoni e da macchinari ma non dotata di un sistema
pensante, è di saper trovare le risorse per uscire dai momenti bui.
Ed è in questo momento che la rete deve intervenire, vede supportare
il cambiamento e la ricerca di soluzioni alternative.
Molto
spesso le persone si esprimono dicendo: “ho sempre fatto questo
nella vita, non so fare altro” oppure “quest’azienda l’ho
creata io dal nulla e miei dipendenti è come se fossero figli miei”.
NON
E’ VERO, è imparando a vedere la situazione da un altro punto di
vista che si cambia e che si vive la crisi in modo positivo e come
un’opportunità.
I
nostri artigiani, dei veri e propri self made man, che fin da ragazzi
hanno lavorato sodo per costruire la propria azienda, devono essere
supportati nel cambiamento, nel capire che solo nel rimettersi in
gioco, solo cercando soluzioni alternative hanno la possibilità di
vivere la crisi e non di morire nella crisi.
Lo
stesso vale per chi ha sempre lavorato come dipendente e ad oggi ha
perso il lavoro: il passaggio da compiere è aumentare la propria
mobilità sul territorio e non volere il lavoro sotto casa (troppe
persone cercano ancora questo), è l’aggiornamento continuo di
competenze attraverso corsi di riqualificazione professionale .
L’intervento
della rete, deve essere concreto e deve
seguire più direzioni:
- supporto come consulenza finanziaria
- supporto psicologico come rimotivazione forte della persona, attraverso counseling personale e, se necessario, familiare (non dimentichiamo che una crisi lavorativa coinvolge in modo pesante anche i famigliari)
- supporto formativo attraverso centri di formazione professionali, che partano da una seria analisi di mancanza di certe figure professionali sul territorio di riferimento ed eroghino corsi ad hoc per formare le figure professionali mancanti
- orientamento al lavoro, attraverso un’attenta valutazione delle competenze professionali e personali che consenta un ricollocamento adeguato nel mercato del lavoro
- scouting aziendale, attivando centri per l’impiego e associazioni di categoria nel trovare offerte di lavoro idonee alle varie persone
- marketing di se stessi: come presentarsi ad eventuali colloqui di lavoro e su quali leve fare forza per proporsi ad un nuovo datore di lavoro
In
tutto questo processo ci saranno sicuramente delle difficoltà, come
l’età delle persone che hanno perso il lavoro e che sono troppo
“vecchie” per poter essere assunte da un’azienda e non
competitive con i giovani pronti ad essere sfruttati con contratti di
stage e/o inserimento al lavoro e/o altre forme incentivanti la loro
assunzione; troppa rigidità nell’apprendere un nuovo lavoro,
oppure il non essere abituati a pensare come dipendenti ma abituati
ad essere datori di lavoro, etc.
L’importante
è far capire alle persone che non sono sole, che c’è una rete sul
territorio pronta ad accoglierle e a risolvere con loro la situazione
di stallo o di fallimento.
Molto
spesso, nelle situazioni di crisi, le persone si focalizzano sulla
difficoltà e sul problema, cercando soluzioni nel continuare a
mettere in atto azioni secondo schemi già predefiniti. Così
operando, la persona non riesce a valutare soluzioni alternative e il
risultato è il continuare ad operare e pensare all’interno di un
circolo vizioso che non lascia intravvedere vie d’uscita: le
tentate soluzioni che non hanno dato esito positivo vengono ripetute
finchè il circolo non si spezza.
Da
qui vi è una caduta dell’autostima personale, un senso di
inadeguatezza molto forte, l’insicurezza nelle proprie capacità
viene meno, aumentano anche il senso di vergogna e l’isolamento
dalla vita e dagli affetti quotidiani.
A
questo punto il passo verso la depressione e/o la disperazione, che
non devono essere confuse sotto uno stesso sintomo ma vanno distinte,
è breve e da questo momento in poi recuperare la persona è più
difficile MA NON IMPOSSIBILE.
E
l’importanza di fare rete e di avere un centro
di ascolto anticrisi
è fondamentale per indurre chi vive nella disperazione, chi non vede
altre vie d’uscita se non quella di porre fine alla propria vita, a
chiedere aiuto e a non isolarsi.
La
funzione di un centro di ascolto deve essere prima di tutto di
supporto psicologico e di orientamento, poi di consulenza
finanziaria.
Il
servizio potrebbe essere strutturato
- Istituzione di un numero verde gestito ad orari
- Primo contatto telefonico con l’utenza e primo colloquio telefonico per stabilire se vi è necessità solo di una consulenza finanziaria o anche psicologica. In quest’ultimo caso si deve fissare un appuntamento di persona al centro di ascolto o, se caso è già grave al telefono (minaccia di suicidio) si deve allertare subito pronto soccorso e/o forze dell’ordine
- Primo appuntamento al centro di ascolto: analisi dei bisogni dell’utente, ascolto attivo, presa in carico
- Eventuale invio ai servizi di psichiatria competenti sul territorio nel caso di disagio psichico, oppure alle associazioni di categoria nel caso di consulenze finanziarie o legali
- Secondo appuntamento al centro di ascolto: inizio attività di counseling, sottoscrizione contratto psicologico con l’utente, ascolto attivo
- definizione di futuri incontri con l’utenza, sia per continuare attività di counseling sia per iniziare orientamento e riqualificazione professionale laddove ce ne sia la possibilità
E’
fondamentale il ruolo dell’operatore del centro d’ascolto, sia
nella funzione di filtro e di valutazione delle richieste d’aiuto,
sia per una corretta segnalazione ed invio dell’utenza ai vari
soggetti della rete.
L’approccio
deve essere di tipo consulenziale, dove la competenza fondamentale è
prima di tutto quella dell’ascolto della persona, in una logica di
accettazione dell’altro e non in una logica giudicante per
permettere la manifestazione aperta del disagio provato.
La
persone si deve sentire accolta, accettata e accompagnata in un
percorso di rinascita.
Come
accolta si deve sentire la famiglia della persona in difficoltà:
anche ai famigliari deve essere data la possibilità di usufruire del
centro d’ascolto.
Debora Coradazzo
Psicologa del Lavoro
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