Filosofia di vita

«Siamo belli perché siamo pieni di difetti, non perché siamo onnipotenti, ma perché siamo fragili, perché ci tremano le gambe, perché siamo goffi, perché abbiamo paura, perché abbiamo bisogno di amore, per questo siamo belli!»

Nichi Vendola

martedì 31 dicembre 2013

Non alimentiamo le paure dei cittadini


Iniziamo a smarcarci da alcune considerazioni troppo facili e superficiali che leggiamo.
Molto spesso quando si parla di microcriminalità si  evidenzia sulla stampa, quando vengono inseriti e descritti i fatti, la provenienza per lo più straniera del delinquente.
Molto spesso ormai i singoli reati dei cittadini italiani non sono nemmeno pubblicati, certi di non fare quasi più notizia.
Infatti anche il Ministro Kyenge ha più volte sottolineato il grave errore che si sta facendo nel nostro paese , cioè quello di dare maggiore spazio  ALLA PROVENIENZA dell'autore del crimine rispetto AL CRIMINE stesso.
Risultato assai scontato è che lo straniero è ormai percepito come pericolo imminente.
Mogliano Veneto è sempre stata una città sicura se paragonata a tante altre realtà italiane, ma quando i singoli episodi vengono descritti mettendo al centro dei ragionamenti le differenze tra le PERSONE invece che i problemi (in questi casi il crimine, che non dipende dal colore della pelle e nasce da cause sociali più profonde), oltre a percepire una città insicura corriamo il rischio di perdere di vista le cause sociologiche che portano a questi episodi estremi e di conseguenza , nel momento in cui si rende necessario favorire una cultura dell’accoglienza e di benessere dei cittadini (che non riguardi solo gli stranieri), si contrappone una cultura di mera sicurezza che parla soltanto di repressione e inasprimento del controllo e della militarizzazione del territorio e delle pene per tutti, italiani e non.
Oggi è stata pubblicata una apposita ricerca dell'Università la Sapienza di Roma dove viene riportato che la provincia di Treviso è la seconda in Italia in fatto di sicurezza, mentre siamo più in difficoltà in fatto di vivibilità.
Quindi questa ricerca ha sottolineato che viviamo in un territorio già sicuro.
Ci dispiace che  molti  continuino a strumentalizzare questa tematica, per catturare qualche consenso elettorale in più. 
E' IMPOSSIBILE socialmente vivere in un luogo dove non accada nessun reato.
Noi come Sinistra Ecologia Libertà ci sentiamo in dovere di affrontare un percorso di analisi culturale diverso, che non accetta l’intolleranza razziale e la sua evidenziazione come ingrediente con il quale convivere, a partire dall’uso di un linguaggio che sappia costruire la buona politica di civiltà per il bene sociale.
Nessuna militarizzazione delle nostre città , ma dialogo continuo e continui sforzi, per l'inclusione degli emarginati.
Nessuno si è mai preso la briga di vivere la città dalla loro parte veramente. 
Con gli anni si è fatta della ricerca per la sicurezza del cittadino ad ogni costo sempre e comunque, l'UNICA politica del nostro territorio, con il risultato di lasciare indietro e non risolti altri problemi.
Infatti sempre nella ricerca dell'Università di Roma, la provincia di treviso è al decimo posto in fatto di VIVIBILITA'.
Significa che viviamo sicurissimi, ma non tanto bene.
E' talmente evidente la cronica mancanza di spazi di aggregazione, di convivialità e di luoghi di inclusione sociale, che alla fine si vive esclusivamente chiusi nelle proprie abitazioni, oppure si entra in qualche locale privato ( pochi anche), oppure si passano le giornate di riposo domenicale e festivo negli immensi spazi dei centri commerciali. 
A noi sembrano e sono ben più gravi, da affrontare subito, altri problemi di ordine pubblico e di sicurezza, ma anche di gravi carenze sociali. 

Noi siamo preoccupati per esempio: 
  • dei rischi di infiltrazioni mafiose all'interno del tessuto produttivo, dove molte aziende sono ormai in crisi e facile preda di acquisizioni assai dubbie.
  • del fenomeno dell'usura, che porta i piccoli imprenditori  oppressi dai debiti, a dover  chiedere denaro a tassi di interesse elevatissimi, alle organizzazioni malavitose.
  • la presenza di gruppi organizzati di estrema destra, soprattutto nel capoluogo e non solo ( ogni anno abbiamo una festa fascista nella nostra provincia), tendenti a diffondere pericolosi messaggi di odio e di pratiche violente.
  • della disgregazione nel nostro e nei nostri comuni del tessuto sociale legato alla presenza di una povertà dilaniante, causata dalla crisi e dalla perdita di lavoro.
Quindi cerchiamo di evitare le facili strumentalizzazioni su un problema che non è un problema, ma soltanto un " facile " veicolo elettorale.
Invocare la sicurezza ad ogni costo, sempre e comunque è un metodo alquanto squallido per poter prendere qualche voto in più ed è, nel contempo, molto pericoloso perchè porta a percepire tutta la realtà "diversa" come un pericolo imminente, quando poi non lo è veramente.

giovedì 19 dicembre 2013

La Siram non deve convincere noi, ma i giudici




A seguito dell'articolo apparso sulla Tribuna del giorno 19 dicembre, ecco  la nostra risposta.

Prendiamo atto di quanto diffuso dall'ufficio stampa, sempre molto solerte, della Siram.

Ci auguriamo che la Siram riesca a convincere i giudici, più che noi, delle sue buone ragioni. A noi sta a cuore che venga fatta chiarezza e che tutti i dubbi vengano chiariti, perché ne va del corretto utilizzo di soldi pubblici. E in un settore, tra l'altro, dove eventuali soldi malspesi o spesi impropriamente significa sottrarre fondi destinati a garantire il diritto alla salute. E quindi non si scherza.

Ci limitiamo a far notare alla Siram che vi sono dei contributi elettorali, regolarmente registrati e del tutto leciti, all'assessore regionale leghista Marino Finozzi per la sua campagna elettorale del 2010. Quindi forse qualche piccolo legame tra l'azienda e il mondo politico leghista esiste o è esistito, anche se l'ufficio stampa intende negarlo.

Sull'inchiesta calabrese ci limitiamo a riportare stralci di documenti ufficiali della Direzione Investigativa Antimafia come riportati a più riprese da svariati organi di stampa nazionali: “La chiave dei rapporti criminogeni va ricercata in quella serie di passaggi milionari tra grandi società che si occupavano di consulenza, ricerca e innovazione tecnologica.
Affari per svariati milioni, che consentivano utili sotto forma di crediti d’imposta e garantivano il riciclaggio di soldi sporchi. Oscuri traffici che coinvolgevano direttamente Belsito e gli amministratori di alcune aziende che operavano anche in Calabria. Tra queste sicuramente anche la Siram”. E ancora: “Al Belsito venivano versati, nell’anno 2011, dal gruppo di Bonet 250 mila euro. (...) Detto importo, a detta del Bonet, “comprendeva” anche la questione Paladino legata alla Siram, meglio indicata come “lobby di Giovanni Pontrelli” (direttore generale aggiunto Siram, ndr). Il pagamento di siffatto contributo al Belsito era dettato poiché per il 2011, per ciò che attiene Siram, si era ottenuto un risultato economico pari a dodici milioni di euro».

Per quanto riguarda gli appalti calore per le aree vaste, la situazione che si è venuta a creare nel Veneto è stata a dir poco confusa e ambigua. Ci sono stati 12 ricorsi al Tar, e l'aggiudicazione definitiva è avvenuta sulla base dell'esclusione di ditte che avevano “dimenticato” qualche documento. La cosa strana è che chi concorre abitualmente per appalti di milioni di euro è poco plausibile che commetta errori di distrazione dimenticandosi di allegare tutte le carte. In ogni caso, è vero che a Treviso-Belluno la Siram ha avuto dal Tar l'aggiudicazione dell'appalto, così come è vero che a Venezia-Rovigo è stato il Consiglio di Stato ad annullare la sentenza del Tar che aveva estromesso la Siram.

Sinistra Ecologia Libertà
Circolo Pino D'Aguanno
Mogliano Veneto.

martedì 17 dicembre 2013

La magistratura faccia presto chiarezza sugli intrecci tra Siram e Lega, riguarda anche Mogliano





La Siram spa è specializzata nella gestione dei servizi energetici, e ha moltissime Usl nel Veneto fra i propri clienti nella gestione dei servizi energia e calore, riscaldamento e condizionamento delle strutture sanitarie. In questo settore è praticamente dominante, così dominante da battere gli altri concorrenti nei controversi appalti di quelle "aree vaste" volute dalla Regione qualche anno fa.
Ben prima che a Galan venisse in mente, nel 2007, di fare appalti unici per aree vaste, la Siram gestiva il servizio calore in parecchie Ulss. Quello che  fa discutere è stato il controverso iter degli appalti delle aree vaste. E le curiose aggregazioni di imprese, tra aziende che avevano tutte le caratteristiche per correre da sole.
Tra gare annullate, ricorsi e aggiudicazioni "forzate" dalle carte bollate, la Siram si è presa l'area vasta Venezia-Rovigo (240 milioni di euro) e Treviso-Belluno (la base d'asta era 289 milioni). La Manutencoop ha vinto a Verona (oltre 100 milioni). E le altre aree? A Vicenza solo due offerte sono state ritenute valide (una era della Siram), ma l'appalto non è stato assegnato, così ogni Ulss è andata per conto suo. Idem a Padova dove, per irregolarità, il bando è stato annullato. Chi fornisce lì il "calore"? In un posto Gemmo, in un altro Gemmo e Siram. Siram ha di recente vinto l’appalto, assieme a una cordata di imprese, per la costruzione in project financing del nuovo Ospedale di Treviso. La Siram risulta anche tra i finanziatori dell’assessore regionale Marino Finozzi per la campagna elettorale del 2010.
L’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito, dopo il suo arresto per appropriazione indebita di denaro pubblico e truffa, ha deciso di collaborare con i magistrati. Tra le tante vicende che vedono al centro la Siram, dalla inchiesta milanese  a quella calabrese, Belsito riferisce di una tangente da un milione di euro versata da una multinazionale francese, la Siram appunto (che è di proprietà della multinazionale francese Veolia), alla Lega veneta per poter continuare a lavorare in questa regione nell’ambito sanitario.
Perché questa tangente? Verosimilmente questa richiesta di denaro serviva a non avere problemi da parte di Siram per gli affari in Veneto, e comunque per avere i favori della politica locale. Anche Zaia e Tosi, secondo Belsito, furono informati di tale pagamento. Zaia ha reagito annunciando querela a Belsito.
La Siram ha vinto i maggiori appalti per " scaldare" i malati in tutto il Veneto. Ma lo sapete anche chi è il maggiore creditore dell'Ipab GRIS? la SIRAM S.p.A. cioè la stessa azienda che, sempre secondo Belsito, ha versato la tangente alla Lega.
La SIRAM Spa è la stessa società che qualche anno fa aveva bloccato gli stipendi dei dipendenti dell'Ipab Gris , mettendo alla fame centinaia di lavoratori.
A quei tempi Sinistra Ecologia Libertà aveva manifestato la solidarietà ai lavoratori e denunciato il loro disagio alla stampa. Ci auguriamo che le varie inchieste in corso facciano presto chiarezza e chiariscano i dubbi in merito ai legami e intrecci perversi tra politica e impresa che sembrano emergere. I soldi pubblici vanno gestiti con trasparenza e onestà, senza privilegiare gli amici e gli amici degli amici.
INSOMMA, UNA GRAN BRUTTA STORIA CHE MERITA CHIAREZZA E CHE I CITTADINI DI MOGLIANO DEVONO POTER CONOSCERE FINO IN FONDO

lunedì 16 dicembre 2013

NO a Forza Nuova SI all'ANTIFASCISMO vero e NON VIOLENTO




Sabato pomeriggio a Venezia si è scatenata una vera e propria guerriglia tra disobbedienti e forze dellordine. Lo scopo dei manifestanti era quello di impedire ai fascisti di Forza Nuova di effettuare il loro sit-in a sostegno della famiglia tradizionale: i centri sociali avevano infatti chiamato a raccolta, in piazzale Roma, mezz'ora prima dellinizio del sit-in, gli antifascisti, per bloccare il passaggio dei Forzanuovisti diretti verso il Tronchetto, salvo poi ritrovarsi davanti 300 poliziotti, 100 carabinieri e 100 finanzieri.
In quel momento sono iniziati gli scontri, con feriti da entrambe le parti e le solite accuse reciproche - e a tratti infantili - su chi avesse iniziato per primo e chi avesse lanciato cosa contro l altro. 

Sgombriamo il campo da facili polemiche: sembra inutile rimarcare quella che dovrebbe essere un'ovvietà, ovvero il fatto che Forza Nuova è unorganizzazione apertamente fascista, e che quindi in quanto tale non dovrebbe nemmeno avere la possibilità di esistere in un regime democratico; come d'altronde è pacifico il fatto che anche nel nostro paese si debba porre sulla divisa di ogni celerino un numero identificativo, che permetta di riconoscerlo nel caso in cui (come tante volte è successo) egli abusi del suo potere.

Su questi concetti siamo molto vicino ai centri sociali; quello che ci vede divisi da loro è stato - e resta - il modo che questi hanno di portarli avanti. Crediamo infatti che non possa esistere la violenza come strumento per portare avanti le proprie idee politiche, e consideriamo questo modus operandi  tanto fascista quanto landare in giro per Venezia con la bandiera di Forza Nuova.

Questo perché nel momento in cui si inscenano un lancio di uova e una sassaiola, si lanciano bombe carta, si spaccano le vetrine e si incendiano auto, si privatizza un bene comune come una piazza. Così facendo si rende questa piazza praticamente inaccessibile a anziani, bambini e famiglie, imponendo indirettamente loro solo lalternativa di scappare.

La violenza inoltre genera solo altra violenza, e non ammette contraddittorio: lultimo che resta in piedi vince, mentre laltro se ne deve andare insieme al suo bagaglio di proposte. Se poi ad essa si aggiunge anche rabbia sociale, ecco che lobbiettivo passa dalla costruzione alla distruzione, salvo accorgersi dopo aver distrutto tutto di non aver elaborato un'alternativa credibile.

Noi siamo per un sano ANTIFASCISMO militante, dove si scende in piazza per manifestare il dissenso con le nostre bandiere, gridando NO A FORZA NUOVA  ed al FASCISMO, ma  che noi con la rabbia e la violenza, non avremo mai nulla a che fare.

La sola rabbia genera odio, e l'odio genera violenza. La Destra ha sempre cavalcato le paure e la violenza, e chiediamo che tutto il mondo antifascista non risponda mai con gli stessi modi .

domenica 8 dicembre 2013

Lo scomparso




Nelle pagine di questo romanzo Pino D’Aguanno immagina una grande collezione d’arte distendersi nella laguna, come un esempio immane di Land Art, celebrando insieme il suo autore – l’artista “scomparso”, eroe eponimo del romanzo – e un’arte inedita, inaudita. Sono pagine visionarie, che arrivano in coda a un racconto che inanella personaggi e vicende al centro dei quali c’è Amos Duga (ma il suo vero nome è un altro, come scopriremo leggendo), l’artista scomparso appunto, e c’è però anche l’io narrante. Tra i due, c’è uno scambio continuo. Si può dire che esistono insieme. In quest’opera postuma, Pino parla anche di sé e del proprio sogno di un’arte nuova e di una vita nuova, l’orizzonte della quale, e l’irraggiungibilità della quale, hanno sempre rappresentato il suo tormento e la sua speranza insieme. La ragione della sua lotta, e il motivo per cui, pur “scomparso”, sarà sempre con noi.
Gianfranco Bettin

 

Non dimenticheremo mai un uomo come Pino D'Aguanno.
Un compagno, un artista, un combattente, un lottatore.
Un amante della cultura e delle arti, di rara poliedricità e bravura.
Un uomo di sinistra, la cui passione non sarà mai cancellata nè oggi nè mai.
Il suo desiderio di una nuova sinistra come Sinistra Ecologia Libertà, che volge il suo sguardo sempre  verso i più deboli, era già presente nella sua mente da tanti anni. Un forza politica capace di governare con la buona poltica e senza demagogia. Questo pensiero, sarà per tutti noi un agire quotidiano, nelle nostre lotte e nelle nostre azioni politiche.
Il suo amare la giustizia sociale, l'equità e i diritti saranno una nostra via da seguire per sempre.
A Pino abbiamo intestato il nome del nostro Circolo.
Molti di noi non ti hanno conosciuto, ma è come se vivessi nei nostri cuori . Il tuo testimone di ideali, sarà sempre tramandato, attraverso i tanti giovani che calpestano i tuoi luoghi.

Ciao Pino

Luigi Amendola



LE CITTA’ INVIVIBILI

                             

I Comuni, il nucleo originario della nostra vita sociale e politica, oggi versano in profonda crisi : i servizi offerti sono sempre più scadenti, le relazioni sociali si sono rarefatte, l’associazionismo si è contratto.
Vale la pena rileggere alcuni brani di due autori distanti nel tempo ma dotati di eguale sensibilità storica e politica, che parlano delle nostre città sotto il profilo storico (Carlo Cattaneo) e quello letterario e psicologico (Italo Calvino) .
Carlo Cattaneo ( protagonista delle Cinque Giornate di Milano del 1848, democratico e repubblicano, fondatore del ‘Politecnico’ la più interessante rivista politica e sociale italiana del XIX secolo ) scrive sul saggio “La Città come principio ideale delle storie italiane” del 1858 :

“ Fin dai primordi la città è altra cosa in Italia da ciò che ella è nell’oriente o nel settentrione.  L’imperio romano comincia entro una città; è il governo di una città dilatata a comprendere tutte le nazioni che circondano il Mediterraneo.
La fede popolare derivò la città di Roma dalla città di Alba, Alba da Lavinio , Lavinio dalla lontana Troia. Le generazioni di popoli apparvero nella loro mente generazioni di città …Le città sono mercati stabili, vaste officine, porti alimentati da lontani commerci. Non hanno altro vincolo colle terre circostanti che quello di un prossimo scambio delle cose necessarie alla vita … In Italia il recinto murato fu in antico la sede comune delle famiglie che possedevano il più vicino territorio. La città formò con il suo territorio un corpo inseparabile … Il popolo delle campagne prende tuttora il nome della sua città, sino al confine d’altro popolo che prende il nome d’altra città. Il nostro popolo, nell’uso domestico e spontaneo, mai diede a sé medesimo il nome istorico e geografico di lombardo; mai non adottò famigliarmente quelle variabili divisioni amministrative di dipartimenti e di provincie, che trascendevano gli antichi limiti municipali. Il pastore di Val Canonica, aggregato ora ad uno ora ad un altro compartimento, rimase sempre bresciano. Il pastore di Val Sassina si dà sempre il nome di una lontana città che non ha mai veduto … Questa adesione del contado alla città, ove dimorano i più autorevoli, i più opulenti, i più illustri costituisce una persona politica, uno stato elementare, permanente e indissolubile. “

Italo Calvino nella presentazione del suo romanzo (edito come prima edizione  nel 1972) Le Città Invisibili all’ Università di Princeton nel 1985 scrive :  

“ Penso di avere scritto qualcosa come un ultimo poema d’amore alle città nel momento in cui diventa sempre più difficile viverle come città. Forse stiamo avvicinandoci a un momento di crisi della vita urbana e le città invisibili sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili. Oggi si parla con eguale insistenza della distruzione dell’ambiente naturale quanto della fragilità dei grandi sistemi tecnologici che può produrre guasti a catena, paralizzando città intere … Le città sono  un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni di un linguaggio.
Le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri di storia dell’economia, ma questi scambi non sono solo scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi. Il mio libro si apre e si chiude su immagini di città felici che continuamente prendono forma e svaniscono, nascoste dalle città infelici . “  

Nei due testi citati sono riassunti i temi principali che riguardano la cellula di base e il nucleo centrale della nostra storia e della nostra convivenza politica e sociale, cioè la città .  La città, come sottolinea Cattaneo, è il principio ( inteso come origine storica ma anche come idea - forza) della nostra vita civile , struttura istituzionale permanente e reale, ed è il primo tessuto sociale complesso che ci troviamo di fronte quando diventiamo individui socialmente consapevoli e politicamente attivi.
Oggi però, come osservava Calvino 30 anni fa, quel tessuto si sta smagliando economicamente e socialmente. Negli ultimi  anni abbiamo avuto modo di assistere ad una trasformazione storica dei nostri Comuni. Seppure fossero morfologicamente diversi fra di loro, fino ad una ventina di anni fa la struttura sociale ed i centri di relazione dei nostri centri urbani erano simili : una ragnatela di negozi e piccoli esercizi che rendevano autonomi i quartieri o le singole ‘insulae’ , una catena di rapporti interpersonali extra lavorativi coltivati quotidianamente (. il ritrovarsi al pomeriggio o alla sera in piazza o a fare le ‘vasche’, l’impegno nelle associazioni o nei partiti), strutture di servizio di prossimità e sistema di trasporto pubblico in grado di servire efficacemente la mobilità.
Oggi non è più così  : il tessuto sociale connettivo si è lacerato, le piazze si sono svuotate, centri di residenza e centri di consumo si sono separati tanto che si sono formate delle anticittà : rete di supermercati e centri commerciali diventate false
città - consumo hanno divorato i terreni che prima marcavano il confine fra campagna e città. I distretti industriali si stanno rapidamente svuotando, rendono fragile il sistema a rete delle piccole e medie imprese tipico del nostro modello di sviluppo economico e provocano la formazione di buchi neri urbanistici popolati di  fabbriche dismesse e capannoni abbandonati, generatori di non - luoghi che non sono né campagna né città . E’ divenuto, così, inevitabile l’ impoverimento di quel paesaggio che ha costituito per centinaia di anni la caratteristica morfologica dell’Italia, e la cui tutela è argomento dell’art. 9 della Costituzione.
A causa dei tagli a risanamento di un debito che comunque continua a crescere, il trasporto pubblico si è rarefatto provocando una crescita esponenziale del trasporto privato e dell’inquinamento atmosferico e conseguente crescita patologica di superstrade e autostrade  con l’ inevitabile impoverimento di quel paesaggio che ha costituito per centinaia di anni la caratteristica morfologica dell’ Italia .
I Comuni sono diventati centri di discarica fiscale per uno stato che li considera esattori delegati e non più erogatori di servizi; così il cosiddetto federalismo fiscale ha esautorato di fatto le autonomie dei Municipi privati della necessaria capacità di intervento sul welfare locale .
La decadenza economica e urbanistica ha avuto inevitabilmente conseguenze negative, e spesso drammatiche, sul piano sociale: perdita e precarizzazione strutturale del lavoro,atomizzazione dei rapporti sociali, nuova emigrazione, azzeramento di fatto del valore dei titoli di studio e di tutta la filiera del processo formativo. Non sfuggono a questo tsunami sociale l’ associazionismo: le associazioni
e le organizzazioni di volontariato spesso crescono verticalmente e recidono il legami a rete, si dividono in tribù incapaci di dialogare.
In questo terreno di coltura ha avuto facile crescita una classe politica famelica e parassitaria, cinica e autoreferenziale, capace di infettare anche funzionari e quadri intermedi degli enti locali e delle strutture decentrate dello Stato. Una classe politica istintivamente seguace del principio tatcheriano che afferma “La Società non esiste “, rafforzata ideologicamente da uno stuolo di economisti-contabili, privi di cultura storica (e talvolta di cultura tout-court) e sostenuti economicamente da una classe di imprenditori familisti e di faccendieri corrotti e spesso legati alle mafie: un popolo
di politosauri e econodonti, come ironizza Massimo Bucchi su Repubblica.
Stanti così le cose, cosa si può fare? Anche se ci sarà una crescita economica in un prossimo futuro, sarà un velo d’acqua che copre a fatica le macerie sottostanti.
Ci vorrà la pazienza e la costanza del restauratore che segua alcune linee guida per la rinascita civile. Saranno necessari investimenti spinti volti al recupero del territorio e alla crescita di una economia sostenibile. Restauro del welfare sanitario e di assistenza alla persona. Sarà necessaria una riforma del sistema bancario separando banche commerciali, casse di risparmio e banche d’affari, incentivare la crescita di banche etiche. Si potranno così liberare risorse utili a sviluppare un’ economia eco sostenibile, ricorrendo anche all’aiuto di quelle imprese che sono interessate ad una  crescita sostenibile. Si dovranno offrire incentivi a politiche energetiche solidali : offrire infrastrutture a favoredi interventi per il risparmio energetico. Ad esempio favorire sistemi fotovoltaici a rete, forniti cioè ad interi quartieri, che siano così  economicamente sostenibili per le famiglie. Sarebbe utile creare un esercito di giovani lavoratori e tecnici qualificati che intervengano per la messa in sicurezza del territorio e per il restauro del paesaggio. E’ necessario motivare personale  professionalmente e culturalmente qualificato che si impegni a riattivare e creare  Musei che siano ad un tempo luoghi di conservazione e recupero della memoria storica ed artistica del nostro paese e laboratori di restauro, ricerca e formazione professionale.  Si dovranno incentivare  coloro che vogliono recuperare e ristrutturare le proprie abitazioni e disincentivare chi vuole costruire in luoghi in cui vi siano case non abitate.
Tutti gli interventi sopra descritti possono essere garantiti solo da un corpo politico di amministratori consapevoli del proprio ruolo istituzionale. Per garantire i cittadini e difendere le istituzioni è indispensabile che questa consapevolezza origini provvedimenti utili ad assicurare trasparenza dell’azione amministrativa: si devono prevedere attraverso specifiche delibere e regolamenti degli enti locali (e così anche dello Stato) incontri periodici tra amministrazioni e cittadini in cui si illustri il lavoro svolto e si dia ascolto alle osservazioni della popolazione; si devono rendere i bilanci leggibili, intelligibili e facilmente disponibili al pubblico. Si deve favorire la creazione di organismi di controllo sugli appalti e sugli atti delle Giunte e dei Consigli.
Altri provvedimenti devono essere adottati in sinergia fra lo Stato e gli Enti locali per garantire meglio di quanto fatto finora la formazione scolastica e nei luoghi di lavoro.
Così come si deve coordinare l’azione fra Amministrazione dello Stato,  Enti Locali, Sindacato e Rappresentanze delle imprese per contrastare la disoccupazione e la precarizzazione del lavoro. Alle imprese deve essere fatto comprendere che lavoro non qualificato, precario e non tutelato per quanto attiene la sicurezza e i diritti, non garantisce lo sviluppo, ma è la premessa per la recessione e la decadenza economica
non reversibile del nostro Paese.

Solo Giustizia, Eguaglianza e Libertà possono dare sostanza alla Democrazia.