I Comuni, il nucleo originario della nostra vita sociale e politica, oggi versano in profonda crisi : i servizi offerti sono sempre più scadenti, le relazioni sociali si sono rarefatte, l’associazionismo si è contratto.
Vale la pena rileggere alcuni brani di due autori distanti nel tempo ma dotati di eguale sensibilità storica e politica, che parlano delle nostre città sotto il profilo storico (Carlo Cattaneo) e quello letterario e psicologico (Italo Calvino) .
Carlo Cattaneo ( protagonista delle Cinque Giornate di Milano del 1848, democratico e repubblicano, fondatore del ‘Politecnico’ la più interessante rivista politica e sociale italiana del XIX secolo ) scrive sul saggio “La Città come principio ideale delle storie italiane” del 1858 :
“ Fin dai primordi la città è altra cosa in Italia da ciò che ella è nell’oriente o nel settentrione. L’imperio romano comincia entro una città; è il governo di una città dilatata a comprendere tutte le nazioni che circondano il Mediterraneo.
La fede popolare derivò la città di Roma dalla città di Alba, Alba da Lavinio , Lavinio dalla lontana Troia. Le generazioni di popoli apparvero nella loro mente generazioni di città …Le città sono mercati stabili, vaste officine, porti alimentati da lontani commerci. Non hanno altro vincolo colle terre circostanti che quello di un prossimo scambio delle cose necessarie alla vita … In Italia il recinto murato fu in antico la sede comune delle famiglie che possedevano il più vicino territorio. La città formò con il suo territorio un corpo inseparabile … Il popolo delle campagne prende tuttora il nome della sua città, sino al confine d’altro popolo che prende il nome d’altra città. Il nostro popolo, nell’uso domestico e spontaneo, mai diede a sé medesimo il nome istorico e geografico di lombardo; mai non adottò famigliarmente quelle variabili divisioni amministrative di dipartimenti e di provincie, che trascendevano gli antichi limiti municipali. Il pastore di Val Canonica, aggregato ora ad uno ora ad un altro compartimento, rimase sempre bresciano. Il pastore di Val Sassina si dà sempre il nome di una lontana città che non ha mai veduto … Questa adesione del contado alla città, ove dimorano i più autorevoli, i più opulenti, i più illustri costituisce una persona politica, uno stato elementare, permanente e indissolubile. “
Italo Calvino nella presentazione del suo romanzo (edito come prima edizione nel 1972) Le Città Invisibili all’ Università di Princeton nel 1985 scrive :
“ Penso di avere scritto qualcosa come un ultimo poema d’amore alle città nel momento in cui diventa sempre più difficile viverle come città. Forse stiamo avvicinandoci a un momento di crisi della vita urbana e le città invisibili sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili. Oggi si parla con eguale insistenza della distruzione dell’ambiente naturale quanto della fragilità dei grandi sistemi tecnologici che può produrre guasti a catena, paralizzando città intere … Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni di un linguaggio.
Le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri di storia dell’economia, ma questi scambi non sono solo scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi. Il mio libro si apre e si chiude su immagini di città felici che continuamente prendono forma e svaniscono, nascoste dalle città infelici . “
Nei due testi citati sono riassunti i temi principali che riguardano la cellula di base e il nucleo centrale della nostra storia e della nostra convivenza politica e sociale, cioè la città . La città, come sottolinea Cattaneo, è il principio ( inteso come origine storica ma anche come idea - forza) della nostra vita civile , struttura istituzionale permanente e reale, ed è il primo tessuto sociale complesso che ci troviamo di fronte quando diventiamo individui socialmente consapevoli e politicamente attivi.
Oggi però, come osservava Calvino 30 anni fa, quel tessuto si sta smagliando economicamente e socialmente. Negli ultimi anni abbiamo avuto modo di assistere ad una trasformazione storica dei nostri Comuni. Seppure fossero morfologicamente diversi fra di loro, fino ad una ventina di anni fa la struttura sociale ed i centri di relazione dei nostri centri urbani erano simili : una ragnatela di negozi e piccoli esercizi che rendevano autonomi i quartieri o le singole ‘insulae’ , una catena di rapporti interpersonali extra lavorativi coltivati quotidianamente (. il ritrovarsi al pomeriggio o alla sera in piazza o a fare le ‘vasche’, l’impegno nelle associazioni o nei partiti), strutture di servizio di prossimità e sistema di trasporto pubblico in grado di servire efficacemente la mobilità.
Oggi non è più così : il tessuto sociale connettivo si è lacerato, le piazze si sono svuotate, centri di residenza e centri di consumo si sono separati tanto che si sono formate delle anticittà : rete di supermercati e centri commerciali diventate false
città - consumo hanno divorato i terreni che prima marcavano il confine fra campagna e città. I distretti industriali si stanno rapidamente svuotando, rendono fragile il sistema a rete delle piccole e medie imprese tipico del nostro modello di sviluppo economico e provocano la formazione di buchi neri urbanistici popolati di fabbriche dismesse e capannoni abbandonati, generatori di non - luoghi che non sono né campagna né città . E’ divenuto, così, inevitabile l’ impoverimento di quel paesaggio che ha costituito per centinaia di anni la caratteristica morfologica dell’Italia, e la cui tutela è argomento dell’art. 9 della Costituzione.
A causa dei tagli a risanamento di un debito che comunque continua a crescere, il trasporto pubblico si è rarefatto provocando una crescita esponenziale del trasporto privato e dell’inquinamento atmosferico e conseguente crescita patologica di superstrade e autostrade con l’ inevitabile impoverimento di quel paesaggio che ha costituito per centinaia di anni la caratteristica morfologica dell’ Italia .
I Comuni sono diventati centri di discarica fiscale per uno stato che li considera esattori delegati e non più erogatori di servizi; così il cosiddetto federalismo fiscale ha esautorato di fatto le autonomie dei Municipi privati della necessaria capacità di intervento sul welfare locale .
La decadenza economica e urbanistica ha avuto inevitabilmente conseguenze negative, e spesso drammatiche, sul piano sociale: perdita e precarizzazione strutturale del lavoro,atomizzazione dei rapporti sociali, nuova emigrazione, azzeramento di fatto del valore dei titoli di studio e di tutta la filiera del processo formativo. Non sfuggono a questo tsunami sociale l’ associazionismo: le associazioni
e le organizzazioni di volontariato spesso crescono verticalmente e recidono il legami a rete, si dividono in tribù incapaci di dialogare.
In questo terreno di coltura ha avuto facile crescita una classe politica famelica e parassitaria, cinica e autoreferenziale, capace di infettare anche funzionari e quadri intermedi degli enti locali e delle strutture decentrate dello Stato. Una classe politica istintivamente seguace del principio tatcheriano che afferma “La Società non esiste “, rafforzata ideologicamente da uno stuolo di economisti-contabili, privi di cultura storica (e talvolta di cultura tout-court) e sostenuti economicamente da una classe di imprenditori familisti e di faccendieri corrotti e spesso legati alle mafie: un popolo
di politosauri e econodonti, come ironizza Massimo Bucchi su Repubblica.
Stanti così le cose, cosa si può fare? Anche se ci sarà una crescita economica in un prossimo futuro, sarà un velo d’acqua che copre a fatica le macerie sottostanti.
Ci vorrà la pazienza e la costanza del restauratore che segua alcune linee guida per la rinascita civile. Saranno necessari investimenti spinti volti al recupero del territorio e alla crescita di una economia sostenibile. Restauro del welfare sanitario e di assistenza alla persona. Sarà necessaria una riforma del sistema bancario separando banche commerciali, casse di risparmio e banche d’affari, incentivare la crescita di banche etiche. Si potranno così liberare risorse utili a sviluppare un’ economia eco sostenibile, ricorrendo anche all’aiuto di quelle imprese che sono interessate ad una crescita sostenibile. Si dovranno offrire incentivi a politiche energetiche solidali : offrire infrastrutture a favoredi interventi per il risparmio energetico. Ad esempio favorire sistemi fotovoltaici a rete, forniti cioè ad interi quartieri, che siano così economicamente sostenibili per le famiglie. Sarebbe utile creare un esercito di giovani lavoratori e tecnici qualificati che intervengano per la messa in sicurezza del territorio e per il restauro del paesaggio. E’ necessario motivare personale professionalmente e culturalmente qualificato che si impegni a riattivare e creare Musei che siano ad un tempo luoghi di conservazione e recupero della memoria storica ed artistica del nostro paese e laboratori di restauro, ricerca e formazione professionale. Si dovranno incentivare coloro che vogliono recuperare e ristrutturare le proprie abitazioni e disincentivare chi vuole costruire in luoghi in cui vi siano case non abitate.
Tutti gli interventi sopra descritti possono essere garantiti solo da un corpo politico di amministratori consapevoli del proprio ruolo istituzionale. Per garantire i cittadini e difendere le istituzioni è indispensabile che questa consapevolezza origini provvedimenti utili ad assicurare trasparenza dell’azione amministrativa: si devono prevedere attraverso specifiche delibere e regolamenti degli enti locali (e così anche dello Stato) incontri periodici tra amministrazioni e cittadini in cui si illustri il lavoro svolto e si dia ascolto alle osservazioni della popolazione; si devono rendere i bilanci leggibili, intelligibili e facilmente disponibili al pubblico. Si deve favorire la creazione di organismi di controllo sugli appalti e sugli atti delle Giunte e dei Consigli.
Altri provvedimenti devono essere adottati in sinergia fra lo Stato e gli Enti locali per garantire meglio di quanto fatto finora la formazione scolastica e nei luoghi di lavoro.
Così come si deve coordinare l’azione fra Amministrazione dello Stato, Enti Locali, Sindacato e Rappresentanze delle imprese per contrastare la disoccupazione e la precarizzazione del lavoro. Alle imprese deve essere fatto comprendere che lavoro non qualificato, precario e non tutelato per quanto attiene la sicurezza e i diritti, non garantisce lo sviluppo, ma è la premessa per la recessione e la decadenza economica
non reversibile del nostro Paese.
Solo Giustizia, Eguaglianza e Libertà possono dare sostanza alla Democrazia.