Filosofia di vita

«Siamo belli perché siamo pieni di difetti, non perché siamo onnipotenti, ma perché siamo fragili, perché ci tremano le gambe, perché siamo goffi, perché abbiamo paura, perché abbiamo bisogno di amore, per questo siamo belli!»

Nichi Vendola

giovedì 17 gennaio 2013

Ora tutti insieme diamo il benvenuto a un'Italia migliore, che non ha paura di cambiare



C’è un video che gira molto su internet. In questo video c’è una persona, smaccatamente nera, chiaramente di quell’Africa che definiamo sahariana. Anzi, subsahariana. E questa persona dice cose di buon senso, le dice con un’eccellente proprietà di linguaggio, e, nel breve tempo che ha, descrive le sue opinioni e gli eventi che cita con capacità d’analisi e passione: può essere che esageri un po’ nelle definizioni, ma anche questa esagerazione è in tono – è quasi necessaria – con la questione assurda, terribile e vergognosa che è accaduta a Firenze.
Il titolo del video, quello con cui viene condiviso è “discorso di un senegalese umilia certi italiani”. E io, dalla prima volta che l’ho visto, prima ancora di imparare che quel signore si chiama Pape Diaw, che è il portavoce della comunità senegalese, che è stato per cinque anni consigliere comunale a Firenze per il centrosinistra, che è molto più che “un senegalese”, avevo un qualche fastidio nel leggere il generale entusiasmo per quelle parole – giuste, sacrosante, normali – che riuscivo solo a intuire.
Così ci ho riflettuto su, per decifrare quella linea di insofferenza che percepivo. E credo di aver capito che quello che mi infastidisce è che Diaw sia celebrato per delle cose che, dette da un italiano, non incontrerebbero 99 di quei 100 entusiasmi. È il fatto che per “un senegalese” abbiamo un orizzonte d’attesa più basso, come se ci aspettassimo meno, al punto da tradire stupore quando quel senegalese è una persona per bene, colta, ragionevole, normale. Volenti o nolenti, e per fortuna, siamo oramai un Paese multietnico, ci sono senegalesi che sono in Italia da quarant’anni, se li si può ancora chiamare senegalesi. Considerare sorprendente e degno di nota che esistano immigrati che mangiano in testa ai peggiori fra gli italiani è, come dire, un po’ razzista.
Ora direte: ma dove li metti quegli altri? Quelli peggiori, quelli che pensano e dicono cose razziste. Non so dove li metto, ma non sono generalmente il mio interlocutore immaginario. Davvero dobbiamo sempre prendere una posizione immaginando Borghezio come interlocutore? Davvero il nostro confronto dev’essere, sempre, con l’ultimo nella sala che dice le cose peggiori? Non è un po’ facile, così?


PAPE DIAW

CAPOLISTA SENATO  REGIONE VENETO
DI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'

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