E' un destino inevitabile per le giovani generazioni quello di convivere con la precarietà ? Doversi adattare a qualsiasi lavoretto, per quanto sottopagato e privo di diritti, nella speranza di accedere ad un vero posto di lavoro che però non arriva mai ? No, non lo è. Si tratta invece del frutto di scelte politiche e legislative ben precise, per niente inevitabili e del tutto modificabili. E' inevitabile che chi non può usufruire di cassa integrazione, o mobilità, o indennità di disoccupazione, sia abbandonato a se stesso, condannato alla disperazione se non ha neppure la possibilità di ricorrere al più potente e presente ammortizzatore sociale del nostro paese, la famiglia ? Neppure questo è inevitabile. E infatti accade quasi solo in Italia, tra i paesi europei.
Il reddito minimo garantito che proponiamo può essere una risposta alla precarietà e alla situazione di abbandono nella quale possono precipitare cittadini e lavoratori, sempre più colpiti dalla crisi, e da politiche pubbliche che anziché contrastare la crisi la assecondano, pur di far contenti ?i mercati?. Rappresenterebbe inoltre un formidabile strumento di lotta contro la precarietà e la cattiva occupazione, eliminando il meccanismo ricattatorio del ?piuttosto che niente? che porta ad accettare qualsiasi offertina di lavoretto. L'Italia ha perso nella crisi 600.00 posti di lavoro, 3 milioni e mezzo nella zona Euro. E in particolare difficoltà sono i giovani: secondo il rapporto OCSE, in Italia aumenta più che altrove la disoccupazione di lungo periodo e i primi a perdere il lavoro sono i giovani, perché impiegati con contratti atipici e precari.
Si tratta di garantire un reddito a disoccupati, inoccupati, sottoccupati e precari, attorno ai 600 euro mensili. Il sostegno economico è rivolto a chi non supera una soglia minima di reddito, i 7200 euro all'anno, ed è condizionato alla disponibilità ad accettare una congrua offerta di lavoro da parte del Centro per l'Impiego, al quale lo stesso reddito minimo va richiesto. Si tratta dunque non solo di una misura sociale, ma di uno strumento di politica attiva del lavoro.
Forme di sostegno reddituale a chi non trova lavoro esistono in tutti i paesi europei, ad eccezione della Grecia e dell'Ungheria. In un momento nel quale nel nome dell'Europa, quella dei banchieri e dei governi di centrodestra, vengono portate avanti politiche recessive che deprimono l?economia e peggiorano la condizione di vita e di lavoro dei cittadini, introdurre il reddito minimo sarebbe una misura europea di fatto, ma dell'Europa democratica e sociale che è stata il sogno e l'obiettivo alla base del progetto dell'Europa Unita. Il Parlamento Europeo, in una risoluzione dell'ottobre 2010, affermava che ?l'introduzione in tutti gli Stati membri dell'UE di regimi di reddito minimo, costituiti da misure specifiche di sostegno alle persone con un reddito insufficiente attraverso una prestazione economica e l'accesso agevolato ai servizi, sia uno dei modi più efficaci per contrastare la povertà, garantire una qualità di vita adeguata e promuovere l'integrazione sociale?, e che ?anche in periodi di crisi, i regimi di reddito minimo non andrebbero considerati un fattore di costo, bensì un elemento centrale della lotta alla crisi,? investimenti tempestivi per contrastare la povertà apportano un contributo importante alla riduzione dei costi di lungo periodo per la società?. Nel giugno di quest'anno, l'Organizzazione per il Lavoro delle Nazioni Unite sosteneva in una sua raccomandazione che i Membri dovrebbero al più presto stabilire e mantenere, in funzione della propria situazione nazionale, sistemi di protezione sociale di base che dovrebbero comportare garanzie elementari di sicurezza sociale. Le garanzie dovrebbero assicurare almeno, per tutta la vita, e a tutti coloro che sono nel bisogno, l'accesso all'assistenza sanitaria di base e ad una sicurezza di un reddito base, che insieme consentono l'accesso reale ai beni ed ai servizi definiti necessari a livello nazionale?. Anche per il reddito minimo, dunque, andrebbe detto ?ce lo chiede l'Europa, e ce lo chiede l'ONU?, anzi l'Europa lo fa già.
Il finanziamento del reddito minimo avverrebbe tramite la fiscalità generale, che a sua volta dovrebbe essere riorientata verso una redistribuzione del reddito, con misure come la patrimoniale e la maggiorazione della tassa sui capitali portati all'estero. Negli ultimi anni vi è stato in Italia un enorme spostamento di ricchezza dai salari ai profitti, e siamo perciò uno dei paesi occidentali con il più alto indice di disuguaglianza sociale. Quasi il 50% della ricchezza è concentrato nel 10% delle famiglie.
Su questa proposta di reddito garantito è partita una campagna nazionale per una legge di iniziativa popolare, alla quale Sinistra Ecologia Libertà intende invitare tutte le forze politiche e sociali e i cittadini che la condividono a partecipare e contribuire con le proprie risorse e le proprie idee. Riteniamo che si tratti di una proposta concreta per affrontare la crisi non all'insegna della austerità e della recessione ma della giustizia sociale e della lotta alla precarietà, e che possa essere un mattone importante per la costruzione di un programma alternativo alle politiche neoliberiste oggi imperanti, attorno al quale aggregare uno schieramento di forze che prenda in mano il Governo di questo paese e lo cambi davvero.
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