Filosofia di vita

«Siamo belli perché siamo pieni di difetti, non perché siamo onnipotenti, ma perché siamo fragili, perché ci tremano le gambe, perché siamo goffi, perché abbiamo paura, perché abbiamo bisogno di amore, per questo siamo belli!»

Nichi Vendola

giovedì 22 marzo 2012

La Montagna di Monti




Alla fine il centrodestra l’ha spuntata: sulla RAI vince la tattica del rinvio

E le minacce aventiniane del segretario Bersani, di non partecipare al rinnovo del Cda potrebbero rivelarsi un buco nell’acqua. L’ultima volta che i rappresentanti della sinistra lasciarono le poltrone di Viale Mazzini, accadde che i superstiti del centrodestra vi rimasero seduti per nove mesi. E quando finalmente gli ultimi “giapponesi” fecero le valige, il nuovo consiglio di amministrazione bruciò in sette giorni la prestigiosa candidatura di Paolo Mieli.
Non che la storia del 2003 debba ripetersi, né che i nomi circolati in queste ore per la presidenza RAI debbano subire oggi l’ingrata sorte toccata allora a Mieli. Tuttavia il braccio di ferro tra Bersani che evoca l’Aventino, e Alfano che replica l’eterno Cencelli televisivo, sembra alludere a scenari già visti.
Lo stallo della trattativa sul cambiamento delle regole RAI è un distillato purissimo dell’acuto degrado della politica italiana. Si può fare una riforma epocale delle pensioni in venti giorni, e cambiare il welfare del 900, lasciando la sinistra a leccarsi le ferite, ma guai a toccare i fili della televisione. I leader politici twittano, giocano su face book, ma la macchina impastatrice del consenso resta il piccolo schermo, l’ultima “roccaforte” per le nomenklature di destra e di sinistra. Perché senza l’ossessivo presenzialismo nelle case degli italiani, di loro, si potrebbero perdere anche le tracce. Poiché modificare questo flusso di corrente con l’opinione pubblica significa terremotare il “senso comune” che spinge il cittadino a esprimersi al momento del voto. Perché basta chiedersi come sarebbe il paese se cambiasse davvero la sua rappresentazione, se ogni giorno la televisione facesse vedere e ascoltare quello che da troppi anni nasconde e silenzia.
La stanca mimica del battibecco da talk-show, nasconde l’assenza di una informazione libera e indipendente. Il conduttore che non scrive un libro, se a presentarlo non ha con sé ministri e segretari di partito, occulta l’emarginazione di giornalisti senza padrini. Noi siamo ancora il paese che ha bisogno del medioevale benestare d’Oltretevere per compilare gli organigrammi del servizio pubblico.
Ora, l’apriti sesamo del cambiamento, sembra la cancellazione dell’attuale legge (come l’impetuoso vento rinnovatore suggerisce al segretario del Pd). Certo lo dice il nome del ministro che l’ha battezzata, peggio è difficile. Ma prima della Gasparri la Rai non viveva l’età dell’oro. Tutti i servizi pubblici europei hanno nomine politiche senza per questo esserne la dependance. La gloriosa Bbc, ai tempi di Tony Blair era governata da un laburista di primo piano: Eppure nulla gli impedì di condurre una dura campagna contro la guerra irachena di Downing street, pagandone poi il prezzo. Ve lo immaginate voi un presidente o un direttore di tg. che va contro a chi lo ha gentilmente lottizzato ? Monti abbozza la figura di un direttore generale commissario, ma non sposta la “montagna.

La Rai resta il “supergoverno” dove placare le correnti e stabilizzare le traballanti leadership.

Norma Rangeri  da il Manifesto 

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