Filosofia di vita

«Siamo belli perché siamo pieni di difetti, non perché siamo onnipotenti, ma perché siamo fragili, perché ci tremano le gambe, perché siamo goffi, perché abbiamo paura, perché abbiamo bisogno di amore, per questo siamo belli!»

Nichi Vendola

venerdì 24 febbraio 2012

Reddito Minimo Garantito : una drammatica urgenza



Il 3 ottobre del 2005 Eurostat lanciava l’allarme sul rischio povertà per le popolazioni europee. Tra queste, uno dei paesi più a rischio risultava essere l’Italia con un dato spaventoso, il 42,5% della popolazione era a rischio povertà negli anni a venire.
Nel 2005 i dati erano già così allarmanti che Eurostat indicava in “interventi e misure di sostegno al reddito” gli strumenti necessari per arginare questo pericoloso abisso sociale.
Ad oggi i dati sulla povertà continuano a non confortarci e quegli anni che allora dovevano venire, oggi si presentano con tutta la loro drammaticità e mostrano come, nel prossimo futuro, quali rischi ci appresteremo a vivere se non riusciamo sin da subito ad intervenire con misure quali appunto un reddito garantito.
Ma quale giovane precario?
Prendiamo un “non più giovane precario” (culturalmente si tende ancora ad immaginare i precari solo in quanto giovani) di circa 45 anni e che dunque negli anni trascorsi (fine 80 e anni 90) è stato quel soggetto inserito nella grande trasformazione del mercato del lavoro in qualità di lavoratore flessibile e precario. Questa persona che potremmo definire “precario di prima generazione” ha accumulato lavori diversi, salari diversi, contratti diversi. Oggi questo soggetto che ha 45 anni non si trova più nella facilità di passare da un lavoro ad un altro, viene “emarginato” anche rispetto alle disponibilità di lavori più dequalificati e dequalificanti, anche la sua “capacità” di muoversi dentro un mercato del lavoro flessibile viene meno. Il suo curriculum è fatto di diverse azioni, di diverse competenze, di diversi settori, un curriculum schizofrenico che racconta di una vita appunto legata più alle occasionalità dei lavori che ad un’unica posizione specifica. Certo, i più fortunati hanno un curriculum che si muove forse dentro “aree lavorative” o settori di riferimento (le ICT per esempio) ma magari con mansioni diverse e tempi esperenziali diversi e che non sempre somigliano alle attuali (prendete ad esempio le competenze necessarie per sviluppare i moderni software tele comunicativi).
Quel 45enne, con la nuova riforma andrà in pensione a 66 anni (presumiamo, non senza dedicare un ghigno un po’ ironico, poichè tra qualche anno un'altra riforma ci potrebbe dire che andrà in pensione a 70\72 anni). Ma quali saranno i calcoli da fare, quali le opportunità che potrà afferrare in un mercato del lavoro così selvaggio, senza garanzia e senza possibilità di volta in volta ad essere “assumibile” dentro la “fluidità e le fluttuazioni” delle opportunità di lavoro nel prossimo presente? Altro che pensione, il problema è come affrontare la quotidianità di un eterno oggi.
Avremmo dunque un soggetto che senza una garanzia, senza più le energie del suo essere stato a venti o trenta anni “precario di prima generazione”, con un’infinita disponibilità in meno di poter essere occupato. Con una infinita disponibilità in meno, proprio in riguardo alla sua dignità personale, cadrà con molta probabilità in quella schiera già ampia dei nuovi poveri.
Fine del welfare familistico
Parliamoci chiaro, il ritardo accumulato dal nostro paese nell’avviare strumenti di reddito minimo garantito universali, e la delega sostanziale di occuparsi da parte della famiglia di una redistribuzione del risparmio dimostra come i prossimi tempi saranno più che drammatici per milioni di persone. Inoltre, le misure di ‘contrasto alla crisi’ in atto, in particolare con queste ultime finanziarie, colpiscono proprio l‘ultimo anello, già debole, del risparmio familiare, di quella catena che ha retto faticosamente il peso dello smembramento del lavoro e dei diritti negli anni ormai trascorsi, aiutandoci a comprendere subito in quale drammatico scenario siamo entrati da tempo e dentro quale scenario con effetti ancora più devastanti ci apprestiamo a scivolare.
L’aumento dell’Iva avrà effetto immediato sui beni di consumo di prima necessità, l’ICI sulla prima casa, le tasse locali e le altre forme di tassazione per le spese eroderanno ancora di più quel livello di redistribuzione familiare che colpirà in primis figli e nipoti precari che non potranno più contare su quel minimo indispensabile quando i tempi si fanno neri. Se a questo sommiamo il fatto che molti “precari di
prima generazione”, raggiunta l’età degli ormai 40 anni, hanno deciso che “andando così il mondo in qualche modo bisogna pur vivere” avranno deciso di fare un figlio, si sono voluti assumere il rischio di un mutuo per una casa (visto il costo degli affitti), magari sostenuti in prima battuta proprio dai genitori pensionati (gli unici in grado di garantire ad una banca la richiesta di un mutuo) si capisce in quale baratro si sta scivolando.
Nel 2030, quando il nostro 45enne avrà finalmente l’età per andare in pensione, con i lavori che non ha mai potuto fare, con i contributi che non avrà mai potuto versare, come farà a sostenere il proprio figlio (che oggi potrebbe essere già il 15enne della neet generation) come al contrario fecero i suoi genitori? Ed ancora, le mutazioni delle composizioni della famiglia italiana avvenute in questi anni, rendono già oggi difficile il mantenimento della catena solidaristica familistica. Inoltre non vanno dimenticate le forme di solidarietà sociale, figlie della vecchia classe operaia, che oggi vengono meno proprio a fronte di una scomposizione e di una frammentazione che non garantisce altro esito che solitudini inquietanti disegnando una nuova “folla solitaria” in cerca di opportunità di sopravvivenza oltre le definizioni sociologiche di giovani e meno giovani, o di garantiti e non garantiti. Con il rischio, già evidente nella vulgata dell “immigrato che ruba il lavoro” che dentro questa folla solitaria si inneschi la legge della giungla per accaparrarsi quelle poche occasioni di sopravvivenza che si presentano.
Una folla solitaria fatta di milioni di pensionati o anziani di oggi, i cassaintegrati che tra poco non avranno alcuna forma di sostegno, i precari di prima generazione (quelli tra i 35\50 anni), i precari di seconda generazione (quelli tra i 20\35 anni), la generazione neet (tra i 14\25 anni), le donne con figli, le famiglie con almeno due figli ed uno stipendio, i disabili, gli invalidi da lavoro, i detenuti o ex detenuti, gli immigrati, le figure operaie ormai in dismissione, gli informatici non più spendibili sul mercato perché con competenze ormai arretrate. Se a questa “folla solitaria” dovessimo sommare appunto la generazione neet che nel 2006 contava 860mila giovani e nel 2011 arriva ad oltre 2milioni e mezzo di individui lo scenario, che oggi ci racconta del domani è drammatico. Forse non arriviamo alle cifre indicate dall’Eurostat ma il numero crescente dei nuovi poveri, della massa di persone che vivranno o vivono sotto la soglia della povertà o nella povertà assoluta è allarmante e certo rischia di rendere plausibile la nota proposta dall’ente di statistica europeo del 42% della popolazione a rischio.
Una schiera che si allarga a dismisura, diventando sempre più ampia ed incorporando i nuovi giovani precari, quelli che possiamo definire i “precari di seconda generazione”, costruendo una nuova sedimentazione di precarietà esistenziale e poi di povertà strutturale e che si “ricompongono” non dentro lo sviluppo e la partecipazione ad una società, ma dentro una sorta di “enclave” delle nuove povertà.
La questione è estremamente seria, necessita di un intervento immediato, e ogni giorno che passa non fa altro che aumentare il disastro sociale che stiamo vivendo.
Fare presto
Ma bisogna iniziare subito, a partire dall’introduzione di una misura di reddito garantito, che sia individuale e che garantisca almeno una soglia economica sotto la quale nessuno deve più cadere. Un reddito minimo, fosse anche in prima battuta dentro una versione di ultima istanza, sganciata dal lavoro, cioè non condizionato. Un reddito garantito dunque come misura per la dignità della persona, come sostegno alla sua inclusione nella società e come forma di partecipazione ed inclusione sociale oltre il “lavoro formale”.
La questione del reddito garantito dunque oggi va affrontato con urgenza, i ritardi anche rispetto a quelle misure che molti paesi europei hanno da tempo è enorme. Cosi come è evidente che accanto a questa misura deve iniziare al più presto un grande piano di politica per la casa che rimetta al centro il diritto ad abitare e la facilità di potersi spostare dentro e fuori le città. Se è la crescita che molti indicano come toccasana per la fuoriuscita dalla crisi, questa non può avvenire se non si dotano le persone, i cittadini di quei diritti basici (reddito, casa, trasporti etc.) che gli permettono di affrontare con qualità, dignità e serenità quella quotidiana drammaticità che invece li relega oggi ad essere soggetti ricattabili, non in grado di investire sul futuro perché non in grado di investire sul presente.
A partire dall’introduzione di una misura di questo tipo immediata, da sostenere oggi e che darebbe quel senso di equità minima, e da realizzare nel più breve tempo possibile, si dovrà avviare un serio dibattito sul tema del reddito garantito incondizionato come strumento di autonomia, di libertà di scelta.
Ma il tempo stringe e l’appello a Mario Monti e al Ministro Fornero lanciato dal Bin Italia dal titolo “Fate Presto”, segnala con forza che ciò che c’è da fare va fatto ora e l’introduzione di un reddito minimo garantito va realizzato nei prossimi mesi del 2012 proprio per cominciare ad arginare quanto meno quel rischio di “default sociale“ di milioni di persone.

Sandro Gobetti (BIN)

martedì 21 febbraio 2012

1,2,3,4,5,10, 100 passi con la Città.





Festa del Circolo Sinistra Ecologia Libertà di Mogliano Veneto a base di musica,divertimento, cultura, poilitica, cittadinanza attiva.

Sabato 25 Febbraio 2012 presso Il Centro Polivalente di Zerman ( Mogliano Veneto)

Programma :
inizio ore 18

1) 18.30 Banksy e le sue città dai muri parlanti.
2) 18.45 L' Omofobia è una malattia. Non l' amore.
3) 19.00 The Delayers- Spritz Hour
4) 20.30 La città della sinistra
5) 20.35 Microfono Aperto alla città
6)21.00 La notte dei Delayers
7) Lotteria

MENU' DELLA CRISI:

-SPRITZ ALLO SPREAD E BIRRA MERKEL A 1 EURO

-PANINO PRECARIO 1,5 EURO

-FRITTELLE OPERAIE 1 EURO

-CAFFE' IMMIGRATO 0,50 EURO.

INGRESSO: 1 EURO E BASTA !!!!!!!!

SPECIAL GUEST: THE DELAYERS !!!!!!!





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sabato 18 febbraio 2012

Ho un rigurgito antifascista


La violenta aggressione al giovane di 17 anni avvenuta l'altro ieri a Treviso , da parte di un fantomatico esponente dell'estrema destra , mi crea non solo una grande rabbia ma   deve mettere in guardia tutti noi rispetto ad un ideale deteriore del nostro sistema che si chiama Fascismo.

Una idea che ha da sempre esaltato la violenza fisica, l'odio razziale , la caccia al diverso , l'omofobia come principi fondanti. 
Purtroppo ideali presenti anche in molti paesi europei  e anche in Italia dove spesso sono mascherati da politici in giacca e cravatta , che fanno della esaltazione di fantomatici valori italici e del inneggiare al pericolo del diverso la  loro politica distintiva.
  
Gli ideali fascisti sono pericolosi e minacciano veramente , la giusta e civile convivenza sociale .

La nostra Società già gravemente a disagio per una crisi del nostro sistema economico e strutturale , dove i deboli tendono ormai ad essere messi all'angolo nella nostra vita quotidiana, dove è ormai diventato precario tutto , dove la solidarietà umana è quasi un optional , dove la parola democrazia è quasi inesistente ,non ha certo bisogno di chi fa' della caccia alle streghe, della castrazione chimica, della pipì  sulla strada, di allontanare gli stranieri , di odiare chi si ama liberamente, il loro pane quotidiano ed il loro personale e   pericoloso  linguaggio.

Abbiamo invece bisogno di speranza e di una cultura che esalti messaggi positivi volti semplicemente alla integrazione , alla solidarietà , al baciarsi liberamente anche se si è dello stesso sesso, dove chi nasce nel nostro paese sia  italiano da subito. 
Una Società che non giudichi in modo approssimativo e nettamente errato chi professa una fede religiosa diversa dalla nostra o chi non ha nemmeno una religione in cui credere .


Penso che su questi messaggi rivolti esclusivamente alla vera accettazione ed integrazione di ogni individuo , siamo ancora arretrati e anche di molto.

Io  credo che il Fascismo non è mai morto , anzi è vivo e vegeto e si percepisce purtroppo quotidianamente e bisogna ogni giorno tutti insieme  denunciarlo pubblicamente.

Luigi Amendola
Consigliere Provinciale 
Sinistra Ecologia Libertà
Treviso

martedì 14 febbraio 2012

Un Centro di ascolto vicino a chi ha perso il lavoro e la voglia di vivere




E’ l’uomo che va aiutato e supportato, l’uomo e la sua famiglia.
Bisogna  rimotivare psicologicamente imprenditori/lavoratori in crisi, ed aiutarli a riqualificarsi e a ricollocarsi nel mercato del lavoro.
Azioni queste che,  vanno concertate con gli enti presenti sul territorio: Provincia (attraverso i vari centri per l’impiego e i centri di formazione professionale), ASL (attraverso servizi di psichiatria e psicoterapia), medici di base e servizi sociali.
Questo il messaggio da far passare: la vita di una persona non è finita con la fine della propria azienda o con la perdita del lavoro.
Il valore aggiunto della PERSONA e non dell’azienda in quanto insieme costituito da capannoni e da macchinari ma non dotata di un sistema pensante, è di saper trovare le risorse per uscire dai momenti bui. Ed è in questo momento che la rete deve intervenire, vede supportare il cambiamento e la ricerca di soluzioni alternative.
Molto spesso le persone si esprimono dicendo: “ho sempre fatto questo nella vita, non so fare altro” oppure “quest’azienda l’ho creata io dal nulla e miei dipendenti è come se fossero figli miei”.
NON E’ VERO, è imparando a vedere la situazione da un altro punto di vista che si cambia e che si vive la crisi in modo positivo e come un’opportunità.
I nostri artigiani, dei veri e propri self made man, che fin da ragazzi hanno lavorato sodo per costruire la propria azienda, devono essere supportati nel cambiamento, nel capire che solo nel rimettersi in gioco, solo cercando soluzioni alternative hanno la possibilità di vivere la crisi e non di morire nella crisi.
Lo stesso vale per chi ha sempre lavorato come dipendente e ad oggi ha perso il lavoro: il passaggio da compiere è aumentare la propria mobilità sul territorio e non volere il lavoro sotto casa (troppe persone cercano ancora questo), è l’aggiornamento continuo di competenze attraverso corsi di riqualificazione professionale .

L’intervento della rete,  deve essere concreto e deve seguire più direzioni:

  1. supporto come consulenza finanziaria
  2. supporto psicologico come rimotivazione forte della persona, attraverso counseling personale e, se necessario, familiare (non dimentichiamo che una crisi lavorativa coinvolge in modo pesante anche i famigliari)
  3. supporto formativo attraverso centri di formazione professionali, che partano da una seria analisi di mancanza di certe figure professionali sul territorio di riferimento ed eroghino corsi ad hoc per formare le figure professionali mancanti
  4. orientamento al lavoro, attraverso un’attenta valutazione delle competenze professionali e personali che consenta un ricollocamento adeguato nel mercato del lavoro
  5. scouting aziendale, attivando centri per l’impiego e associazioni di categoria nel trovare offerte di lavoro idonee alle varie persone
  6. marketing di se stessi: come presentarsi ad eventuali colloqui di lavoro e su quali leve fare forza per proporsi ad un nuovo datore di lavoro

In tutto questo processo ci saranno sicuramente delle difficoltà, come l’età delle persone che hanno perso il lavoro e che sono troppo “vecchie” per poter essere assunte da un’azienda e non competitive con i giovani pronti ad essere sfruttati con contratti di stage e/o inserimento al lavoro e/o altre forme incentivanti la loro assunzione; troppa rigidità nell’apprendere un nuovo lavoro, oppure il non essere abituati a pensare come dipendenti ma abituati ad essere datori di lavoro, etc.
L’importante è far capire alle persone che non sono sole, che c’è una rete sul territorio pronta ad accoglierle e a risolvere con loro la situazione di stallo o di fallimento.
Molto spesso, nelle situazioni di crisi, le persone si focalizzano sulla difficoltà e sul problema, cercando soluzioni nel continuare a mettere in atto azioni secondo schemi già predefiniti. Così operando, la persona non riesce a valutare soluzioni alternative e il risultato è il continuare ad operare e pensare all’interno di un circolo vizioso che non lascia intravvedere vie d’uscita: le tentate soluzioni che non hanno dato esito positivo vengono ripetute finchè il circolo non si spezza.
Da qui vi è una caduta dell’autostima personale, un senso di inadeguatezza molto forte, l’insicurezza nelle proprie capacità viene meno, aumentano anche il senso di vergogna e l’isolamento dalla vita e dagli affetti quotidiani.
A questo punto il passo verso la depressione e/o la disperazione, che non devono essere confuse sotto uno stesso sintomo ma vanno distinte, è breve e da questo momento in poi recuperare la persona è più difficile MA NON IMPOSSIBILE.
E l’importanza di fare rete e di avere un centro di ascolto anticrisi è fondamentale per indurre chi vive nella disperazione, chi non vede altre vie d’uscita se non quella di porre fine alla propria vita, a chiedere aiuto e a non isolarsi.

La funzione di un centro di ascolto deve essere prima di tutto di supporto psicologico e di orientamento, poi di consulenza finanziaria.

Il servizio potrebbe essere strutturato 

  • Istituzione di un numero verde gestito ad orari
  • Primo contatto telefonico con l’utenza e primo colloquio telefonico per stabilire se vi è necessità solo di una consulenza finanziaria o anche psicologica. In quest’ultimo caso si deve fissare un appuntamento di persona al centro di ascolto o, se caso è già grave al telefono (minaccia di suicidio) si deve allertare subito pronto soccorso e/o forze dell’ordine
  • Primo appuntamento al centro di ascolto: analisi dei bisogni dell’utente, ascolto attivo, presa in carico
  • Eventuale invio ai servizi di psichiatria competenti sul territorio nel caso di disagio psichico, oppure alle associazioni di categoria nel caso di consulenze finanziarie o legali
  • Secondo appuntamento al centro di ascolto: inizio attività di counseling, sottoscrizione contratto psicologico con l’utente, ascolto attivo
  • definizione di futuri incontri con l’utenza, sia per continuare attività di counseling sia per iniziare orientamento e riqualificazione professionale laddove ce ne sia la possibilità

E’ fondamentale il ruolo dell’operatore del centro d’ascolto, sia nella funzione di filtro e di valutazione delle richieste d’aiuto, sia per una corretta segnalazione ed invio dell’utenza ai vari soggetti della rete.
L’approccio deve essere di tipo consulenziale, dove la competenza fondamentale è prima di tutto quella dell’ascolto della persona, in una logica di accettazione dell’altro e non in una logica giudicante per permettere la manifestazione aperta del disagio provato.
La persone si deve sentire accolta, accettata e accompagnata in un percorso di rinascita.
Come accolta si deve sentire la famiglia della persona in difficoltà: anche ai famigliari deve essere data la possibilità di usufruire del centro d’ascolto.

Debora Coradazzo 
Psicologa del Lavoro

sabato 4 febbraio 2012

Davanti a mia figlia dico che sono incazzata.


Sono incazzata, riconoscendo che la parola non rientra nello stile vendoliano al quale siamo tutti legati per rispetto di un linguaggio che pur esso deve modificare. 
Se però me la lasciate passare forse potete anche passarmi il lacerante sentimento di sconfitta dietro alle decisioni della Cassazione in merito allo stupro!
Neppure più la parola consenziente, dietro ad una denuncia ed indagine di stupro, posso più accettare,quale domanda che viene rivolta ad una violentata per accertarne la sua reale involontarietà nel partecipare al festino dello stupratore! Sono incazzata perchè il fondamento della libertà continua ad essere tradito da chi sta sopra di noi e decise che la vita violata di una bambina/bambino, ragazza, donna, adulta non è abbastanza grave da essere accompagnato da una giusta Giustizia dopo la violenza subita.
Sono incazzata perchè, ancora una volta, chi guarda non è allo stesso modo responsabile di quell’ agito malvagio attuato dallo stupratore; siete folli! Folli nel pensare al riabilitare, quando le condizioni del nostro Paese non sono preparate alla prevenzione, al rispetto, alla conoscenza al semplice capire che quello che si attua è alla stregua di un delitto, già perchè la morte agghiacciante che spetta alla stuprata è quella derivante dalla perdita di voglia di vivere che la lascia tramortita nell’anima! Sono incazzata perchè la storia ci lascia delle vicende ripugnanti dove la donna, merce di scambio, se violentata e stuprata subiscono ancora la gogna mediatica della cittadinanza essendo ritenuta lei la colpevole dei fatti. Sono incazzata, ma questo non basta a ridare dignità a tutte le donne del mondo che subiscono lo stupro! Perchè, lo stupro è subito e non è il partecipare ad un festino sado-masochista del sesso! 

Michela De Paolis

giovedì 2 febbraio 2012

I Figli di B.



Quest’ anno, con il compimento del diciottesimo anno di età, si affacciano sulla scena dell’elettorato per la prima volta i nati del 1994. Persone cioè che sono nate e cresciute bombardate costantemente dall’esercito mediatico del Cavaliere, non più giovani cittadini ma pubblico o spettatori passivi del suo show, formati all’indifferenza, alla non partecipazione, all’odio politico e all’ odio della politica. Abituati all’equazione divertimento uguale sballo, festini a luci rosse, trasgressione estrema, soldi e ville.
Catechizzati a considerare la figura femminile come uno strumento del piacere attraverso l’ invenzione delle varie “Veline” “Letterine”, che con i loro tacchi a spillo e i loro bikini spostano l’ attenzione da ciò che dicono a ciò che hanno o meglio che non hanno addosso. Memorabili le battute a più riprese sulla Bindi, come del resto quelle ad Atreju 2010 <<Vi invito a sposare una donna ricca>> , << Io ho la figlia libera di sposarsi, so che interessa perché sono simpatico, ho un po’ di grano e comincio a essere vecchio >>. Ma questa distorsione dell’essere donna non poteva di certo lasciarla fuori dal parlamento, ecco quindi comparire dal cilindro del “Papi” le varie Minetti , Brambilla e Carfagna.
Passaggio non meno importante è quello dell’omologazione delle menti ad un target primitivo attraverso il mezzo televisivo. Ariete di questo maligno progetto è Mediaset, che ogni anno sforna programmi sempre più demenziali, mostri mediatici, con l’ obbiettivo di incantare la gente nella visione di un mondo fantastico, irrazionale, irraggiungibile, ricco e sereno, con telegiornali creati a doc per esaltare la sua figura, con programmi sportivi, quiz, reality, fiction, soap-opera e serie americane. Tutto questo per allontanare l’ opinione pubblica dai fatti di tutti i giorni, riducendo tutti a commentare l’ ultima puntata di C.S.I più tosto che l’ ultimo entrato nel GF. L’ introduzione poi delle pubblicità, delle promozioni, delle televendite ha dato una spinta fondamentale al consumismo sfrenato senza regole, a scuola i ragazzi non sanno più a memoria i canti di Dante ma bensì i vari spot , si è cominciata una pazza corsa al confort, magari anche a rate pur di raggiungere lo status-simbol e diventare come la televisione mi dice di essere. Una volta al governo, non sazio del suo impero, B. si è divorato anche la Rai, defenestrando i vari Biagi, Luttazzi e per ultimo Santoro, importando però i vari Minzolini, Vespa, Mimmum .
Il Degrado femminile e televisivo ha conseguentemente prodotto il degrado culturale, il cui messaggero è una neo-lingua che tende ad assimilare tutto ciò che ha una benché minima affinità , togliendo così all’individuo anche la difficoltà di conoscere più vocaboli per descrivere un fenomeno. A cosa serve avere un lessico ricco ed appropriato quando tutto ciò che va contro di lui è comunista. I magistrati che lo indagano sono comunisti, la stampa è comunista, addirittura l’ arbitro che non ha fischiato il rigore al Milan è comunista. Così facendo la gente si blocca non appena sente questa parola, senza indagare, perché tanto ormai si è fatta avanti la concezione che l’ essere comunista (sinonimo ormai di sinistra) di qualcuno o di qualcosa voglia per forza dire torto, malafede, schifo. Questo impoverimento ha fatto sì che si creasse un sub strato popolare che piano piano si è sparso a macchia d’olio.
In tutto questo è mancata la presenza forte di un modello non alternato, ma alternativo, da parte del centro sinistra e delle altre forze politiche, che invece di proporre il futuro si sono limitate a criticare il presente, non presentando una seconda via da percorrere pur consapevoli che quella su cui si stava camminando avrebbe portato a questo. La responsabilità dello scempio del nostro stato è da addebitare quindi anche alle altre forze politiche, che paradossalmente sono diventate conservatrici del malato progressismo delle destre.
Il risultato finale di tutto ciò sta nella formazione dei giovani che sempre più si stanno distanziando dal mondo della politica perché convinti che sia una cosa che non li riguardi direttamente, perché gli è stato inculcato quel senso di mediocrità per cui ci sarà sempre qualcuno più bravo di te a occuparsi di queste questioni, perché rassegnati al fatto che non cambierà mai niente, perché schiavi dei luoghi comuni che dicono che i politici sono tutti dei ladri, perché quando arrivano a casa non guardano il telegiornale e se lo fanno si affidano alla informazione di Studio Aperto o del Tg4 o del Tg5 o del Tg1, perché se possono scegliere se andare in piazza a sentire un comizio o passare una giornata al centro commerciale loro cosa pensate che scelgano, perché vedono i loro genitori che non vanno a votare, perché non si parla più di politica in casa,perché non si sa più quando ci sono le feste nazionali e come mai sono state indette, perché a scuola si arriva a studiare la storia solo fino alla seconda guerra mondiale, perché per loro la politica sono i palazzi, perché per loro o sei fascista o sei comunista senza alcuna sfumatura, perché loro non pensano mai al proprio futuro e a quello del proprio paese. Credo però che tutto ciò sia giustificato dall’ ambiente che li ha educati dalla nascita alla maggiore età.
La dimostrazione del distacco dalla vita pubblica dei miei coetanei si è avuta quest’ oggi quando il Prof. Monti ha pronunciato queste parole: <<L'idea di un posto fisso per tutta la vita? Che monotonia!>>. Fossimo stati in qualsiasi altra democrazia moderna che avesse un tasso di disoccupazione giovanile reale al 38,7% , i giovani con alle spalle i loro padri cassaintegrati avrebbero reagito in qualche modo, invece qui in da noi si affida la protesta ai post di Facebook. Nessuno sa delle parole del nostro premier, ma fatto ancor più grave nessuno sa’neanche che cos’è il tasso di disoccupazione giovanile reale e che è a livelli così elevati.
Se si vuole una nuova Italia bisogna iniziare a costruire le sue fondamenta su quelli che realmente godranno di un nostro eventuale lavoro, ma ciò non va fatto in forma elitaria, perché sennò si rischierebbe di allontanarsi ancora di più dal popolo. La vera ricetta del cambiamento è il rendere le nuove generazioni protagoniste della cosa pubblica, riportarle dallo stadio di pubblico pagante allo stadio di cittadino pensante, cambiando i temi al centro dell’ azione politica , parlando cioè dei nostri problemi e non di quelli del nostro avversario politico.
Bisogna tornare nelle piazze, andare nei bar, nelle osterie, in tutti quei poste dove la gente vive. Bisogna creare delle grandi assemblee in cui ognuno conta uno, cercare il più possibile di diminuire le forme di democrazia rappresentata e incrementare invece quelle di democrazia diretta, facendo capire alla gente che la politica è il bene comune e che quindi non si tratta di intrallazzi di palazzo ma delle cose a te più vicine come l’ acqua, la scuola, i trasporti, l’ ambiente, l’ energia, il lavoro. Al centro degli interessi non ci deve più essere la fama personale, l’ arricchimento,le statistiche dei consensi, il denaro. Per un’ azione politica che diverga da quelle recenti ,che riesca ad abbattere il tasso di astensione,di disinteresse soprattutto giovanile è necessario riverificare la scala delle priorità, ponendo al primo posto la vita sociale e non quella della finanza.
Più si posticipa questo tipo di intervento è più si avvicina la nascita dei nipotini di B.

Giacomo Nilandi. Un diciottenne.