Filosofia di vita

«Siamo belli perché siamo pieni di difetti, non perché siamo onnipotenti, ma perché siamo fragili, perché ci tremano le gambe, perché siamo goffi, perché abbiamo paura, perché abbiamo bisogno di amore, per questo siamo belli!»

Nichi Vendola

martedì 4 giugno 2013

Mozione per il ritiro delle truppe italiane dall'Afghanistan





 Mozione presentato da MIGLIORE Gennaro
testo di Mercoledì 29 maggio 2013, seduta n. 25
La Camera,
premesso che:
sono trascorsi quasi 12 anni dall'inizio della missione NATO in Afghanistan, uno dei conflitti più lunghi, controversi e sanguinosi, in cui hanno perso la vita oltre 3.000 soldati della coalizione, di cui 52 italiani e oltre 70.000 civili afghani;
soltanto nel 2011, in base ad un rapporto dell'UNICEF, in Afghanistan sono stati uccisi o feriti, a causa del conflitto, 1.756 bambini, una media di 4,8 bambini al giorno; sempre lo stesso anno, 316 tra bambini e ragazzi sotto i 18 anni di età sono stati reclutati dalle parti in conflitto, in particolare dai gruppi armati di opposizione;
trattasi di una missione che ha visto schierati 130.000 soldati stranieri, 4.000 dei quali italiani, e che è costata solo agli Stati Uniti oltre 150 miliardi di dollari, mentre l'Italia ha speso 5.415.640.096 euro di cui solo 217.903.400 destinati alla cooperazione;
nel vertice della NATO, tenutosi a Lisbona nel novembre 2010, si è deciso di ritirare le truppe dall'Afghanistan entro il 2014, quando le forze di sicurezza afghane avranno assunto il controllo della sicurezza sul territorio, mentre nel vertice tenuto a Chicago nel maggio 2012 la NATO ha deciso che trasferirà la sicurezza alle forze afghane in tutto il territorio entro il 2013 e che resterà con un solo ruolo di sostegno fino alla fine del 2014; successivamente resteranno truppe di addestramento e saranno finanziati stipendi a soldati e poliziotti afghani, con un costo annuo di 4,1 miliardi di dollari per mantenere ed addestrare i 228.500 effettivi;
al vertice di Chicago l'Italia si è impegnata a sostenere le forze di sicurezza negli anni 2015-2017 con 360 milioni di euro da spalmare nel triennio;
la Conferenza dei donatori dell'Afghanistan, svoltasi a Tokyo nel luglio 2012, ha preso l'impegno di fornire più di 16 miliardi complessivi in aiuti civili entro il 2015 e di proseguire con i finanziamenti almeno fino al 2017;
il prodotto interno lordo dell'Afghanistan, secondo la Banca mondiale, dipende per il 90 e 95 per cento dall'aiuto esterno; dunque la paura degli afghani è che finita la missione militare si verifichi un disimpegno della comunità internazionale sia a livello economico, che di attenzione verso le sorti del Paese;
la Francia ha anticipato il ritiro del suo contingente, portando a casa nel 2012 le truppe da combattimento (circa 2000 soldati su 3550), gli altri hanno l'incarico di organizzare il rimpatrio del materiale e l'addestramento delle forze di sicurezza afghane; dopo il 2014 resterà una ridottissima presenza francese per una limitata cooperazione civile ed economica;
anche Canada ed Australia hanno annunciato un ritiro anticipato delle loro truppe;
gli enormi sforzi in termini di vite umane e investimenti economici sono stati ripagati da scarsi progressi di democrazia e sviluppo;
secondo l'UNODC, l'ufficio dell'ONU per le droghe ed il crimine, il fenomeno della corruzione in Afghanistan ha toccato nel 2012 i 3,9 miliardi di dollari, con una crescita del 40 per cento rispetto al 2009, nello stesso anno circa un afghano su due ha pagato la «mazzetta» per ottenere un servizio pubblico;
sempre da un rapporto dell'UNODOC, risulta che nel 2011 in Afghanistan le terre coltivate ad oppio siano 154.000 ettari, con un incremento del 18 per cento rispetto all'anno precedente, con una produzione di 3.700 tonnellate, con un calo del 36 per cento rispetto al 2010 a causa di malattie delle piante e cattive condizioni meteorologiche; quello dell'oppio è un 
business che rappresenta fra il 4 ed il 7 per cento del prodotto interno lordo del Paese;
secondo il rapporto 2012 di Amnesty International, le autorità giudiziarie, la polizia e l'esercito nazionale afghano hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani. Sono continuate le detenzioni e gli arresti arbitrari, con ricorso sistematico alla tortura e ad altre forme di maltrattamento da parte dei servizi d’
intelligence. Gli afghani, in particolare donne e ragazze, sono stati privati dei loro diritti alla salute e all'istruzione. Gli aiuti umanitari sono rimasti inaccessibili per gran parte della popolazione nelle zone controllate dai talebani e da altri gruppi d'insorti. La violenza contro donne e ragazze è stata diffusa ed è rimasta impunita, in particolare nelle zone controllate dagli insorti. L'Isaf e la Nato hanno continuato a lanciare attacchi aerei e raid notturni, mietendo decine di morti tra i civili;
il Ministro della difesa 
pro tempore Giampaolo Di Paola aveva annunciato una riduzione della presenza militare italiana in Afghanistan del 25/30 per cento entro il 2013 e del restante 70/75 per cento entro il 2014;
questa fase di passaggio è un'occasione per il Governo italiano di rilanciare la sua credibilità come attore rilevante nella cooperazione internazionale, con un importante contributo alla costruzione di una società afghana fondata sul rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali di donne e uomini,
impegna il Governo:
ad annunciare l'immediata uscita del nostro Paese dalla missione ISAF, riportando quanto prima in Italia le truppe impegnate sul terreno, lasciando sul campo solo i militari necessari ad organizzare il rientro del materiale con precise regole d'ingaggio;
a fornire al Parlamento una dettagliata analisi sulla presenza militare italiana in Afghanistan negli ultimi dodici anni e, in particolare, nell'ultimo periodo, ovvero da quando il Ministro 
pro tempore Di Paola ha annunciato la possibilità per gli aerei italiani di caricare bombe e colpire obiettivi a terra;
nel rifinanziare le missioni per l'ultimo trimestre del 2013, ad assumere due iniziative normative urgenti, una per l'Afghanistan e una per tutte le altre missioni, finalizzando per la prima i fondi della missione militare al solo scopo di organizzare il ritiro delle truppe e destinando il 30 per cento di ogni euro risparmiato dalla missione militare alle politiche di cooperazione con l'Afghanistan;
a sostituire quanto prima la missione militare con una civile con lo specifico compito di sostenere la popolazione afghana con progetti di sostegno alla cooperazione e di ricostruzione civile del Paese.
I DEPUTATI DI SEL
(1-00060) «Migliore, Scotto, Duranti, Claudio Fava, Piras, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo, Daniele Farina, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Zan, Zaratti».

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