Molto spesso, in questo distaccamento
da parte dell’opinione pubblica rispetto al bene comune e alla cosa
pubblica, ci dimentichiamo di tenere sotto controllo gli interessi
della comunità in cui viviamo, e così succede che il cittadino che
dovrebbe essere il primo garante della correttezza delle scelte della
propria classe dirigente, diventa invece complice del suicidio
collettivo sull’altare degli interessi di pochi.
Le battaglie
diventano un fenomeno di origine elitaria, completamente distaccate
dal tessuto sociale e così facendo perdono di potenza, restano solo
i gruppi o le associazioni che si ritrovano sole di fronte al potere
e inermi rispetto alle sue scelte scellerate.
La storia che vi voglio raccontare sta
sera parla proprio di questo, di come la collettività ha costruito
un progetto e di come un amministrazione si sia sentita legittimata a
toglierlo, senza avere un coro unanime di disapprovazione.
Torniamo
indietro di circa una dozzina d’anni, siamo proprio qui a
Mogliano, c’era un clima sociale molto vivace e partecipato in quel
periodo che portò alla creazione di molti movimenti e molte
associazioni, una di queste era formata da un gruppo di ragazzi e
ragazze neomaggiorenni che insieme all’amministrazione
parteciparono ad un concorso Europeo per vedersi assegnare i fondi
per la costruzione di una struttura che potesse stimolare il
protagonismo giovanile. Era forse l’ultimo tassello mancante per
completare un impianto di welfare invidiato da molte altre realtà
del territorio.
Succede poi che il concorso viene vinto, viene
fatto il progetto e cominciano i lavori.
In poco tempo viene
finalmente costruito il centro e inaugurato nel 2008 con la prima
giunta Azzolini di centrosinistra. Diventa ben presto un fiore
all’occhiello per la nostra città, dato che si trattava dell’unica
struttura di questo tipo presente nel territorio Trevigiano.
Viene
fatta una gara d’appalto per la gestione di questa grossa mole di
servizi, che viene poi vinta dalla cooperativa CARACOL. Gli operatori
entrano subito in contatto con i giovani dell’associazione Nite
Park creando un sodalizio molto forte che dona nuova linfa alla città
sotto il profilo artistico, culturale e aggregativo. In pochi mesi il
Centro Giovani “ La Svolta” diventa un polo attrattivo non solo
per la popolazione giovanile Moglianese, ma per tutto il Veneto.
Sarebbe però troppo semplice chiudere questo nostro racconto
con questo che sarebbe comunque un ottimo lieto fine. Infatti da quel
momento in poi la situazione è precipitata vertiginosamente. Caduta
la Giunta Azzolini entra in ballo il commissario che chiude il Centro
per motivi burocratici, a suo dire, e promette comunque che si tratta
di un passaggio obbligato ma temporaneo e che in breve tempo la
struttura sarebbe stata riaperta, la realtà però è che ancora ad
oggi, dopo quattro anni la struttura è chiusa e in crescente
degrado.
Dopo l’ anno di commissariamento le forze politiche
si riorganizzarono in vista delle elezioni e il centrosinistra in
preda alla solita guerra fratricida decide di scaricare Azzolini e la
sua “Lista Giovani”, che salta il fosso e si propone in
un’inedita alleanza con la Lega Nord. Nel programma elettorale
viene inserita tra i punti la riapertura della struttura, ma ben
presto l’ex sindaco si deve trovare a fare i conti con i mal di
pancia leghisti che non vedono di buon occhio la potenza
socio-culturale del centro. Così una volta rieletto, in preda ad un
orgasmo Padano, Azzo giustifica la mancata riapertura del centro con
il fatto che era stata trovata della marijuana nel parco. Perché
logicamente se si trova della droga per strada la soluzione per
debellare il problema alla radice è chiudere quella via.
Un’argomentazione a dir poco imbarazzante e paradossale per un uomo
che fino ad un anno prima era stato uno dei promotori principali del
centro.
Ma la pagina più nera di questa storia si consuma in
Consiglio Comunale, il 21 Dicembre del 2009, quando la maggioranza
propone la vendita di alcuni beni immobili ad SPL fra cui il Brolo,
villa Longobardi e parte del complesso Piranesi.
Comincia a girare
la voce che tra questi beni rientri anche il Centro Giovani, e questo
spinge i ragazzi dell’ associazione Nite Park ad accorrere in massa
al consiglio, salvo poi scoprire che nella delibera presentata non
era per nulla menzionata “la Svolta” e così, rasserenati dalla
notizia, dopo due ore e mezza i ragazzi abbandonano la sala. Quando
l’ ultimo varca l’ uscita del portone del Municipio, un
consiliere della lista Giovani propone un emendamento per mettere in
vendita anche il Centro Giovani, tra le malefiche risate dei
consiglieri di maggioranza e del Sindaco. Ribassando il prezzo a
900.000 Euro.
Col senno di poi si può parlare di una vera e
propria strategia poiché la società che già allora vantava 4
milioni di Euro di debiti, oggi è in liquidazione e non essendo più
l’ immobile di proprietà del comune, quest’ultimo non ne può
neanche fruire dei servizi, salvo con patti a breve termine.
Allo
stato attuale la struttura è lasciata a se stessa, come una grande
cattedrale nel deserto chiusa ai fedeli,questi ultimi coccolati dal
ricordo e percossi nel cuore dalla realtà, dal vedere come l’ erba
alta divora i muri, come la polvere si posa a sacchi sui tavoli, come
i vandali seminano immondizia, come la pioggia allaghi il piano
terra, come i murales artistici che una volta addobbavano gli esterni
ora siano stati offuscati da razzie varie.
A lottare sono
rimasti due gruppi di ragazzi, Seekers e Nite Park, che continuano
quella che ormai sembra una battaglia contro i mulini a vento, soli
di fronte all’ opinione pubblica, alle associazioni e al
comune.
Facendo un analisi e dovendo valutare quali sono le
cause a mio avviso bisogna muoversi in due direzioni. La prima è
quella politica, precisamente quella della Lega Nord che già nel suo
esprimersi denota un lessico che fa a pugni con la cultura, e anche
nelle sue agire e in quelle che sono le sue scelte ha un concetto di
quest’ultima che si può riassumere con un piatto di radicchio e
una bottiglia di prosecco. La xenofobia si manifesta non solo sotto
il profilo razziale, ma c’è anche un forte fattore culturale, per
cui si rimane ancorati alle proprie convinzioni, non accogliendo le
nuove che arrivano e restando quindi relativamente ignoranti rispetto
al mondo che ci circonda. Vi chiederete cosa centra questo con “La
Svolta”, bè la svolta gli fa paura, perché là si produceva
cultura, era una fabbrica in continua espansione che a confronto con
quella del Carroccio l’ avrebbe sovrastato e distrutto sotto il
profilo socio-emotivo ed elettorale, quindi è stata eliminata alla
radice.
In seconda battuta dobbiamo guardare ad un modello di
sviluppo urbano diverso da quello attuale, poiché si costruisce in
maniera incontrollata e senza pensare all’ aggregazione degli
uomini. Viviamo difronte a generali di cemento, inglobati in
gabbiette da uccellini che chiamiamo monolocali e non sappiamo a mala
pena come si chiama il ragazzo che abita il poltrone di fronte al
nostro. La distruzione dei parchi pubblici, la desolazione delle
piazze sono solo alcuni dei processi che portano alla solitudine l’
essere umano. Come dice John Donne “ nessun uomo è un isola”,
c’è bisogno di condivisione e di circolazione delle idee, dei
pensieri, delle storie e delle emozioni, perché solo con l’
interscambio far tutti potremmo tendere ad una crescita della
collettività, sennò se tutto questo resta chiuso nelle nostre menti
e non ha valvole di sfogo resta tale e quale, non tenderà mai né al
peggio né al meglio, ma rimarrà in una assoluta piattezza noiosa.
Per questo dobbiamo stimolare la costruzione e la messa in opera di
luoghi di aggregazione traendo spunto dalla antica idea di Agorà dei
Greci, dove si dialogava e si parlava della cosa pubblica e ci si
sentiva realmente parte di un corpo unico.
Questa storia che
vi ho raccontato questa sera potrebbe essere accompagnata da mille e
altre storie, il senso però che vi voglio far passare è che la
cattiva politica è inversamente proporzionale al tasso di
partecipazione dei cittadini. Più la popolazione si astiene e se ne
frega e più ci trasformiamo da democrazia in oligarchia, il governo
di pochi, che incontrollati allungano le mani sul patrimonio di
tutti.
“Libertà è partecipazione” Giorgio Gaber.
Giacomo Nilandi.