Sono stati giorni di cronache terribili quelle che hanno riguardato nei mesi passati i migranti sui barconi, cronache di morte e disperazione che nessuna politica, nessuno stato, nessuna umana pietà ha potuto o saputo fronteggiare, ha saputo dire, ha saputo risolvere...
La morte è stata la grande protagonista, la paura dell’invasione dello straniero è stato il filo conduttore, la vergogna della rinuncia delle responsabilità sull’accoglienza ci ha profondamente riguardato. Non bastasse questo ci troviamo di fronte ad un cinismo nuovo, quello che dice “bisogna sparare a coloro che sono saliti sui barconi per non farli entrare qui, che ci rubano il lavoro ed il futuro dei nostri figli”... Questo è il pensiero comune, ma come si è costruito, chi lo ha instillato nei media e nel sentire collettivo?
Siamo in un’epoca di conflitti...Ma se siamo sempre stati abituati a pensare al conflitto sociale e alla lotta di classe negli anni ’60 e ’70, (ed il pensiero va all’analisi marxista della società capitalistica), oggi siamo di fronte ad un altro grande conflitto che investe la nostra società e che riguarda l’ identità. Se il conflitto economico tra classi sociali si è basato principalmente sull’avere nei termini della contrattazione sindacale (oltre ai diritti sociali), il conflitto che oggi investe la nostra società riguarda principalmente il problema dell’identità (religiosa ,culturale, di genere) che si basa sull’essere.
Quando parliamo di identità parliamo di un diritto fondamentale dell’uomo, il diritto alla propria identità.
Questo diritto, che è universale, non può essere però la spinta per il cosiddetto pregiudizio culturale, ossia il considerare centrale e universale la propria cultura di appartenenza. La radicalizzazione dell’ identità culturale posta fino al limite estremo del pensiero profuso dalla Lega e dalla destra in tutti questi anni in Italia ha di fatto creato uno scontro con la cosiddetta “alterità” cioè la presenza di persone che per provenienza, religione, cultura, sono “altro” da noi. Per anni in Italia si è usato il più importante strumento di trasmissione degli stereotipi: il linguaggio che, affiancato da giudizi e atteggiamenti , ha dato una lettura della realtà distorta e apocalittica sul tema del migrante. Si sono verificate forme di violenza verbale e oggettiva, sorte dai problemi di identità di coloro che non riconoscono le sofferenze altrui ed in questo scontiamo tutti i limiti delle istituzioni, delle agenzie educative e culturali, dei partiti politici . Anche dello Stato stesso che si è reso responsabile di leggi che sono, come dice don Ciotti, “costruite per renderci ciechi e insensibili. Leggi che parlano di “flussi” invece che di persone, che alimentano paure invece di costruire speranze. Leggi che hanno favorito indirettamente i traffici, le forme di sfruttamento e di violenza.”
I risultati si traducono nel sentimento di odio da parte di alcuni nei confronti di altri esseri umani.
Siamo nella logica dove l’eliminazione fisica e psicologica dell’ “altro” non è stata superata. Tale logica non comprende che questi uomini, fuggendo dalle violenze e dalla fame cercano qualcosa che noi abbiamo forse irrimediabilmente perduto: la ricerca della libertà, la ricerca della speranza, la ricerca dell’umanità.
In questi anni di forti flussi migratori è necessario pensare che con le persone arriva anche la loro cultura... Ma questa cultura viene considerata da loro stessi come un modo universale di intendere il mondo, per offrire un senso alle loro esperienze. E come lo è per i popoli che emigrano altrettanto lo è per quelli che li accolgono.
Di rilevante importanza è la comunicazione che viene rivolta ai cittadini attraverso i media, le forme della notizia e le modalità della comunicazione. E’ proprio in questo campo, il campo della comunicazione dove atteggiamenti e comportamenti prendono forma e dove le situazioni della vita quotidiana costituiscono il vero territorio in cui si celano i meccanismi più profondi della discriminazione.
Ricordiamo che la denigrazione dei propri simili è stato il più terribile pregiudizio etnico che ha portato i nazisti all’olocausto contro gli ebrei e spesso le paure e le fragilità attuali dei cittadini messi di fronte alla crisi economica e all’incertezza sul futuro facilmente trovano nel capro espiatorio di turno, (lo straniero, il diverso) la causa di tutti i mali.
Se da un lato la pochezza intellettuale dei politici non ha fornito un approccio adeguato al problema , almeno in Italia, l’esasperazione furibonda della Lega nostrana sulle paure ed i timori dell’invasione degli immigrati ha ancor di più spalancato una valanga di odio e paura che ci rende tutti sprovveduti ed inadeguati. I linguaggi usati, la relativizzazione dei sistemi di valori che caratterizzano (o dovrebbe caratterizzare) la nostra società hanno creato stereotipi e pregiudizi dai quali arrivano i comportamenti sociali della discriminazione.
E’ scientificamente dimostrato che gli stereotipi possono essere considerati parte di un processo che permette di ridurre le energie cognitive impiegate per spiegare i fenomeni sociali; essi si radicano nelle dinamiche dei valori e della cultura e sono persistenti nel tempo.
Per questo è profondamente necessario modificare culturalmente l’approccio al problema, capire che ognuno di noi deve rendersi responsabile affinchè il razzismo e l’odio vengano sconfitti.
Quali sono le strade? E’ necessario che le persone dei diversi gruppi entrino in contatto tra di loro, condividendo momenti di incontro e di vita comunitaria. Tali incontri dovrebbero essere strutturati al fine di dare un senso positivo alle relazioni, al fine di rendere i cosiddetti “ghetti” , ossia luoghi in cui vengono relegate le minoranze , sempre più minori anche dal punto di vista intellettuale.
E’ necessaria la politica, locale, nazionale ed europea che si faccia carico responsabilmente del destino di tanti esseri umani che chiedono e cercano riparo dalle guerre, dignità, sopravvivenza. La politica deve produrre giuste leggi, ci deve essere una presa in carico di tutti gli Stati europei.
Siamo tutti presi dallo smarrimento, ma , per dirla con Umberto Eco, è proprio nei momenti di smarrimento che bisogna saper usare l’arma dell’analisi e della critica delle nostre superstizioni come di quelle altrui.
Per concludere riporto alcune parole del Presidente Obama alla marcia per i diritti civili tenutasi qualche giorno fa a Selma, in Alabama :
Fiorella Fighera, 12 Marzo 2015